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sabato 4 febbraio 2012

Una notizia buona ed una cattiva sul fronte antirazzista


Solitamente non riprendiamo notizie di altra fonte, ma facciamo una eccezione. La notizia buona è che il giudice ha inflitto l'ennesima condanna al sindaco Lancinante per manifesto razzismo, questa volta esercitato contro la nostra compagna ed attivista dello SPI-CGIL Romana Gandossi, con pesanti attacchi personali (un altro campo nel quale il Lancinante vanta un non invidiabile primato).
La notizia cattiva riguarda l'assoluzione dei carabinieri da ogni responsabilità per la morte di El Hadji, il giovane senegalese fermato per le gratuite norme razziste introdotte dalla Lega e lasciato morire per un attacco di asma nella caserma del comando provinciale di Piazza Tebaldo Brusato. Si sa, l'Arma è intoccabile.
Il Manifesto di Adro è razzista, condannata la Lega Nord

2012-02-03 - Il tribunale di Brescia ha oggi condannato la Lega Nord di Adro per il manifesto offensivo affisso nella propria sede contro la volontaria dello Spi Cgil Romana Gandossi.
La sezione di Adro della Lega Nord dovrà pagare a ciascun ricorrente (Romana Gandossi, Associazione studi giuridici sull'immigrazione e Fondazione Piccini) 2.500 euro per un totale di 7.500 euro. La sezione locale della Lega Nord dovrà anche pagare ai ricorrenti 3.800 euro per le spese di lite.
La sentenza è per noi positiva sul piano politico. Innanzitutto è riconosciuto il comportamento violentemente razzista che mostra «disprezzo e intolleranza» non solo contro la volontaria dello Spi, ma contro tutti gli stranieri, tanto è vero che a essere risarcite sono anche le due associazioni che li rappresentano nel ricorso. Nella sentenza viene inoltre sottolineato che il manifesto della Lega Nord di Adro è stato «un atto ritorsivo» contro Romana Gandossi per avere contrastato il principio del «prima i nostri» propagandato dalla Lega Nord.
Nella sentenza si riconosce che la vicenda va inquadrata nell'ambito delle molestie, definite come «comportamento che lede la dignità della persona e crea un clima degradante, umiliante o offensivo» (art.2 ult comma dlgs 215/03). Oltre a questo, per la prima volta a livello nazionale viene affermato che si ha molestia per ragioni di etnia anche se la persona non appartiene a una etnia particolare, ma è molestata per aver difeso gli appartenenti a un determinata etnia o gruppo nazionale.
Quello su cui dissentiamo è la quantificazione della spesa che dovrà sostenere la Lega di Adro: in sostanza pochi soldi perché il segretario della Lega della sezione si difende «in forma sgrammaticata». Una motivazione iriverente nei confronti del segretario, ma che soprattutto non tiene affatto conto della lesione della dignità subita dalla Gandossi e che è priva di quell’effetto “dissuasivo” che pure il giudice vuole espressamente attribuire alla condanna.
Nel ricorso fatto da Asgi e Fondazione Piccini erano stati chiamati in causa anche i vertici nazionali della Lega Nord. Il giudice ha però stabilito l'estraneità di questi condannando i ricorrenti al pagamento delle spese legali. L' aver fatto uscire di scena le due Leghe (Lega Nord-Lega Lombarda e Lega per l'indipendenza della Padania) è comunque solo un fatto puramente tecnico. Erano state chiamate in causa non perché fossero politicamente responsabili ma perché dai dati che ci risultano la Lega di Adro non è costituita come soggetto autonomo dotato di personalità giuridica (ad esempio nel giudizio non e emerso se esiste un direttivo, una autonomia patrimoniale né alcun altro elòemento idonea a qualificarla come autonomo centro di interessi giuridicamente rilevante). Il giudice ha ritenuto diversamente ma la questione è solo giuridica.
Dal punto di vista politico poi resta comunque il fatto che il partito in questione tollera che una propria sede locale commetta atti gravemente illegittimi che oggi sono stati definitivamente ricnosciuti, anche sul piano giuridico, come “razzisti”.

Camera del lavoro di Brescia
Fondazione Piccini
Asgi 

Brescia: archiviato caso della morte di Saydou Gadiaga nella "cella di sicurezza" della caserma del comando provinciale dei carabinieri

Il decesso di Saidou Gadiaga, detto El Hadji, il 37enne senegalese morto nella caserma dei carabinieri di Piazza Tebaldo Brusato a Brescia il 12 dicembre 2010 a causa di un attacco d’asma non soccorso in tempo, non ha colpevoli.
Questa almeno la decisione del giudice per le indagini preliminari Cesare Bonamartini, che oggi ha disposto l’archiviazione del caso.
Più volte da queste frequenze abbiamo rilanciato la denuncia dell’Associazione dei senegalesi di Brescia e provincia e dell’Associazione Diritti per Tutti rispetto alle mistificazioni delle autorità e ai punti oscuri della vicenda.
Saidou era stato trattenuto perchè non in regola con il permesso di soggiorno. Un falso reato, smontato poco dopo dalla Corte di Giustizia europea.
L’associazione Diritti per tutti, sostenendo la famiglia dell’uomo, aveva fatto ricorso contro la cancellazione dell’inchiesta per la morte dello straniero, e diverse sono state le manifestazioni a sostegno di Gadiaga, conosciuto dagli amici come El Haji, affinché, come aveva dichiarato il presidente dell’associazione antirazzista Umberto Gobbi, il fascicolo sulla morte di Saydou non venisse “seppellito in un armadio”.
Per l’associazione sarebbero diversi i “punti oscuri” sulla morte dell’immigrato, la cui agonia è stata ripresa dalle immagini interne di videosorveglianza della caserma Masotti. “Diritti per tutti” e la famiglia del senegalese avevano fatto leva, nel ricorso presentato contro l’archiviazione, sulla testimonianza di un cittadino bielorusso, detenuto in una cella accanto a quella di Saidou, che avrebbe sentito il senegalese lamentarsi e chiedere aiuto per almeno una quindicina di minuti prima di morire. Testimonianza che però il pm Piantoni, titolare del fascicolo aveva ritenuto “imprecisa”. Altri dubbi riguardavano poi gli orari riferiti dai carabinieri sui soccorsi all’uomo colto da malore, ma per il pm che ha condotto le indagini militari hanno agito in buonafede.
 http://www.osservatoriorepressione.org/2012/02/brescia-archiviato-caso-della-morte.html

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