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venerdì 25 settembre 2015

La questura raddoppia - San Colombano

Come abbiamo denunciato in un precedente post, il comportamento della Questura di Brescia è "incomprensibile", per usare un eufemismo. Dopo aver legittimato NEI FATTI l'occupazione militare di San Colombano da parte di un gruppo assortito di fascisti, ha finalmente proceduto a ciò che doveva fare fin dal primo giorno, cioè lo sgombero di San Colombano dagli elementi insediati dall'esterno, che impedivano l'esercizio su una porzione del territorio nazionale, per quanto minuscola, dei più elementari diritti democratici. Ma contemporaneamente ha individuato tre compagni/compagne che a suo dire non possono mettere piede lassù. La pratica della costruzione  a tavolino della teoria degli opposti estremismi ha raggiunto così il suo inveramento burocratico. La federazione di Brescia ha espresso la sua solidarietà alle vittime destinatarie del foglio di via del questore attraverso questo comunicato stampa:
Opposti estremismi?
La questura di Brescia, invece di fare ammenda dello scandaloso comportamento di sostanziale protezione della illegalità dei comportamenti di sindaci, in testa il Sindaco di Collio, e di militanti di varie organizzazioni fasciste e para fasciste tenuto per settimane a San Colombano, ora raddoppia, e manda provvedimenti di fogli di via agli antifascisti che hanno manifestato semplicemente per spingere le autorità a ristabilire l'agibilità democratica in quella piccola frazione del comune di Collio.
Evidentemente i vertici amministrativi che presiedono all'ordine pubblico a Brescia non hanno rinunciato a creare a forza la rappresentazione dello “scontro tra opposti estremismi”, andato in scena il 5 settembre su molta parte della stampa; mentre nulla di simile è accaduto nella realtà.
Semplicemente, ad una manifestazione regolarmente annunciata a termini di legge, la questura ha risposto con prescrizioni incredibili, rette su presupposti impliciti ed a volte del tutto espliciti, secondo i quali l'occupazione del territorio di San Colombano da parte di bande fasciste sembrava essere tollerato, in quanto si sarebbe trattato di “iniziative estemporanee”; mentre, al contrario, la manifestazione “legale” sia per la procedura seguita, sia per le motivazioni, che non consistevano in altro che nella pretesa che anche a San Colombano fossero vigenti le norme costituzionali, non poteva essere consentita perché avrebbe disturbato i fascisti prevaricatori. Esattamente la prescrizione della Questura diceva che “il permanente stato di agitazione registrato nella frazione di San Colombano del Comune di Collioavrebbe comportato “il rischio di contrapposizione e ripercussioni negative su cittadini e/o turisti non interessati alla Vicenda”.
Questo dimostra a nostro avviso che, al massimo, coloro che stanno compiendo precisi reati previsti dal Codice Penale italiano, e coloro che difendono la legalità costituzionale sono sullo stesso piano, secondo la Questura; e questo è del tutto esplicito. Mentre è implicito, dalle prescrizioni, che coloro che stanno delinquendo possono tranquillamente continuare a farlo; mentre chi manifesta per la legalità e la Costituzione possono farlo, ma “in forma statica dalle  ore 15.00 alle ore 17.00, di sabato 5 settembre 2015, a Gardone Val Trompia”. Cioè a 25 chilometri di distanza da dove i diritti di cittadini e di profughi sono conculcati, e dove i violenti stanno impedendo l'attuazione di deliberati dello Stato, nelle persone del Ministero dell'Interno e del Prefetto.
Vale la pena di aggiungere che il tentativo di realizzare fatti reali da attribuire agli “opposti estremismi” a San Colombano il 5 settembre è andato completamente a vuoto solo grazie al senso di responsabilità ed alla calma dei manifestanti antifascisti, che non hanno risposto se non con qualche slogan alle violente provocazioni fasciste.
Sul piano della legalità è da aggiungere che, a seguito di accordi verbali, la primitiva richiesta di manifestare direttamente nella piazza di San Colombano era stata ritirata dagli organizzatori plurimi della manifestazione. Al suo posto era stata inviata alla Questura la versione corretta, che prevedeva lo svolgimento della manifestazione nei termini in cui poi si è effettivamente svolta. Non sappiamo per quale motivo a questa proposta concordata non è stata data alcuna risposta scritta, il ché sembrerebbe equivalere ad un assenso; mentre all'ultimo momento qualcuno sembra aver cambiato le carte in tavola, generando quei problemi che hanno trovato il loro “compimento” nei provvedimenti di “fogli di via”. Per i manifestanti presenti ai fatti del 5 settembre i provvedimenti sembrano del tutto privi di giustificazione oggettiva, anche prescindendo da ogni ulteriore considerazione di “valore”, se è vero che il provvedimento di foglio di via può giustificarsi solo nei confronti di:
coloro che debbano ritenersi, sulla base di elementi di fatto, abitualmente dediti a traffici delittuosi;
coloro che per la condotta ed il tenore di vita debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che vivono abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose;
coloro che per il loro comportamento debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che sono dediti alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l'integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica
Domanda: quale di queste condotte sarebbero ascrivibili ai destinatari antifascisti del foglio di via? Come persone presenti alla manifestazione possiamo testimoniare: nessuno, per quanto ci risulta
La segreteria provinciale del Partito della Rifondazione comunista

Rimane solo da aggiungere che, quelli che si ritengono presidi democratici, e in qualche caso sono portabandiera dell'antifascismo ufficiale, se da una parte hanno evitato una rovinosa contrapposizione esplicita alle manifestazioni pubbliche dei giorni scorsi, con il loro comportamento sfuggente da un lato sembrano quasi essere acquiescenti, dall'altro rischiano di svolgere, forse loro malgrado, il ruolo di "copertura" di fatto delle posizioni della questura di Brescia nella costruzione della sceneggiata degli "opposti estremismi".

A cura di webmaster

giovedì 10 settembre 2015

In nome del popolo avvelenato - Cs 28 maggio


INVITO A PARTECIPARE AL CONVEGNO NAZIONALE
“IN NOME DEL POPOLO AVVELENATO”
SABATO 12 SETTEMBRE a Rovato al Centro Sociale 28 maggio in via Europa 54
Incontro di cittadini e militanti sociali e ambientalisti che lottano per la salute, la vita, la giustizia ,
promosso da Forum Diritti Lavoro e Centro Sociale 28Maggio
Ore10, 30 inizio incontro Carlo Guglielmi Forum Diritti Lavoro, presentazione di Giorgio Cremaschi FDL
Ore11, 00 relazione di Marino Ruzzenenti : Brescia avvelenata
Ore11, 45 altre relazioni:
Sergio Bonetto : Il processo Eternit
Fulvia Gravame: Ilva e Taranto
Riccardo Antonini : la strage di Viareggio
Paolo Fierro : La Terra dei Fuochi
Elena Casagrande : Fiumicino
Fulvio Aurora : Sesto S.Giovanni Milano
Ore13, 30 pausa buffet
Ore14 00 Confronto tra esperienze di lotta e dibattito generale. Coordina Franco Russo FDLù
Interventi di:
Nicoletta Dosio NoTav
Dafne Anastasi. No Muos
Fabrizio Tomaselli USB
Sergio Bellavita OpposizioneCgil
Militanti di movimenti sociali e ambientalisti
Ore16, 30 Conclusioni
ADERISCONO:
COORDINAMENTO COMITATI AMBIENTALISTI LOMBARDIA - COORDINAMENTO NO TRIV LOMBARDIA - COMITATO NO GASARAN SERGNANO - COMITATO NO NOCIVITA’- COMITATO NO TAV BS - ROSS@ - RIFONDAZIONE COMUNISTA - PCL

SINISTRA ANTICAPITALISTA - PCDI- COMITATO CONTRO GLI SFRATTI/DIRITTO ALLA CASA – COMITATO PROVINCIALE RIFIUTI ZERO

mercoledì 9 settembre 2015

Rifondazione comunista e Syriza dopo l'accettazione del terzo memorandum da parte di Tsipras

Dopo la conclusione-shock della trattativa Grecia-Troika, è partita la discussione sulla valutazione e sulle conseguenze delle mossa del governo greco, e di Tsipras in particolare.
Riportiamo qui sulla questione la presa di posizione della segreteria nazionale del Partito della Rifondazione Comunista e l'intervento di tutt'altro tenore fatto da Dino Greco alla direzione Nazionale del Prc del 5 settembre 2015


Questo il comunicato della segreteria nazionale del Prc-Se
(http://www.rifondazione.it/primapagina/?p=19305)

Sosteniamo Syriza e Tsipras alle prossime elezioni greche

La vittoria di Syriza e l’elezione di Alexis Tsipras a primo Ministro Greco hanno suscitato molte aspettative e speranze in tutta Europa. La stessa vittoria dei NO nel referendum del 5 luglio scorso aveva rafforzato questa speranza.
La sottoscrizione del diktat imposto dall’Unione Europea ha quindi rappresentato una forte delusione e le divisioni nate in Syriza in seguito a quella firma costituiscono un ulteriore fattore di sconcerto e disorientamento.
Riteniamo sbagliato addossare a Tsipras e a Syriza la responsabilità di questa situazione. Il diktat dell’Unione Europea ha segnalato in modo brutale quali sono gli attuali rapporti di forza tra le classi a livello Europeo. La responsabilità principale di questa situazione non può certo essere addossata sulle spalle di chi più di tutti ha provato a rovesciare le politiche di austerità. La responsabilità di questa situazione ricade sulle nostre spalle – sulle spalle delle sinistre e del movimento operaio di tutta Europa – e ci obbliga ad un salto di qualità nella costruzione di un movimento di lotta italiano ed europeo contro le politiche neoliberiste e questa Unione Europea a trazione tedesca.
L’errore che abbiamo fatto – noi per primi – è stata di sopravvalutare la possibilità della sola Grecia di rovesciare una situazione così pesantemente compromessa. Il nostro stesso slogan “cambia la Grecia, cambia l’Europa” si è rivelato non realistico, ha generato illusioni ed è all’origine di larga parte della delusione odierna.
Si tratta quindi di riprendere la lotta a partire dalla piena consapevolezza delle pesantezza della situazione ma anche del fatto che abbiamo perso una battaglia ma non la guerra. Dobbiamo quindi ripartire da una situazione più difficile di quella che ci eravamo immaginati sei mesi fa evitando di farci guidare dagli stati d’animo o da nuove illusioni.
Come sostenevamo nelle nostre tesi congressuali del Congresso di Perugia nel 2013: ” L’Unione Europea così com’è stata costruita è strutturalmente un’Europa neoliberista a trazione tedesca, che sta distruggendo il livello di civiltà conquistato nel secondo dopoguerra ed è concreta la possibilità che questa gestione della crisi la porti ad implodere e disgregarsi. Allo stato attuale, senza metterne in discussione le fondamenta, ovvero i Trattati vigenti e ruolo della Bce, il patto di stabilità e crescita e il Fiscal compact, è inesistente la possibilità di modificare dall’interno l’Unione Europea, puntando sull’ipotetica costruzione di una “Europa politica”, come vengono proponendo il Pd e la socialdemocrazia europea. Il sistema di governance europea esiste, si fonda sul dogma monetarista, e non prevede democrazia nelle scelte di politica economica ma, appunto, piloti automatici. Questa constatazione, fermo restando il giusto intento, che qui ribadiamo, di conseguire una dimensione europea del conflitto di classe e del processo di trasformazione, mette però in discussione il punto di analisi che ci aveva caratterizzato e che individuava nell’Unione europea uno spazio aperto alla possibilità di determinare politiche di fuoriuscita dal neoliberismo.”
Questa analisi risulta confermata da quanto accaduto in Grecia.
Nella situazione di divisione, che ha determinato per il governo Greco la perdita della propria autonoma maggioranza parlamentare, riteniamo corretto che Tispras abbia deciso di rassegnare le dimissioni e di avviare il percorso per arrivare a nuove elezioni. Proseguire l’attività governativa basandosi sull’appoggio delle forze che hanno portato al disastro la Grecia avrebbe cancellato ogni possibilità di porre in discussione le politiche di austerità.
Esprimiamo quindi il nostro pieno sostegno a Syriza e a Tsipras ed auspichiamo che possano vincere le prossime elezioni greche, dando vita ad una maggioranza parlamentare autosufficiente e quindi ad un governo in grado di contrastare nel concreto i contenuti antisociali presenti nel memorandum, di ristrutturare il Debito e di continuare la battaglia contro questa Europa naoliberista e i suoi trattati. Per questo auspichiamo che le divisioni di oggi possano essere ricomposte nel nome della comune lotta contro l’austerità e il neoliberismo.
Riteniamo parimenti necessario avviare immediatamente il percorso di costruzione del soggetto unitario della sinistra in Italia. Contro questa Unione Europea e le politiche liberiste non bastano le lamentele: serve un vero e proprio Comitato di Liberazione Nazionale ed Europeo. Solo una forte sinistra antiliberista e un grande movimento di lotta da costruirsi in ogni paese e in tutta Europa può rovesciare questa Unione Europea e costruire un’Europa dei popoli.

La segreteria nazionale del Partito della Rifondazione Comunista


Questa invece la riflessione di Dino Greco

(http://www.controlacrisi.org/notizia/Politica/2015/9/9/45663-in-grecia-la-resa-non-ha-lasciato-in-piedi-nulla-ma-la/)
"In Grecia la resa non ha lasciato in piedi nulla. Ma la sconfitta serve se non la neghi"

Il peggio che si può fare nei momenti cruciali (e questo lo è di certo) è essere reticenti, con se stessi e fra di noi, compiendo - per un malintesa interpretazione del senso di responsabilità - omissioni ed autocensure che, alla fine, si traducono in atti di autolesionismo politico.
Invece è indispensabile venire in chiaro, assumendosi fino in fondo la responsabilità di gesti ed opinioni.
Mi riferisco, ovviamente, agli sviluppi politici della vicenda greca che stanno producendo una catena di eventi negativi nella sinistra, dentro e fuori da quel paese.
Il momento di svolta nello scontro del governo Tsipras con la troika è avvenuto con la decisione del gruppo dirigente di Syriza di ricorrere al referendum sul diktat dell'Eurogruppo: una decisione molto forte, accompagnata dalla dichiarazione che il nuovo governo di Atene si sarebbe attenuto al responso popolare, qualunque esso fosse stato.
Le agenzie che monitoravano le intenzioni di voto, manovrate dalla destra, davano il risultato in forse, col ‘Sì’ in progresso come conseguenza delle pratiche terroristiche messe in atto dalla Bce (la chiusura degli sportelli bancari) al fine di generare un clima di paura tale da stroncare la resistenza dei greci.
Ma questo non accade.
Il ‘No’ non solo vince, ma registra un successo di proporzioni stupefacenti.
Syriza incassa un consenso enormemente superiore a quello che le aveva consentito di andare al governo, eppure Tsipras decide di non capitalizzarlo.
Mentre in piazza Sintagma si festeggia la segreteria del partito decide (a maggioranza) che al tavolo del negoziato non si rilancerà.
Ora, vorrei che nessuno considerasse ozioso interrogarsi sul perché Tsipras abbia indetto il referendum per poi – a vittoria conseguita – dichiarare la resa senza condizioni su quel medesimo testo che egli aveva definito “umiliazione e disastro”.
Invece, pudicamente, si sorvola su questo passaggio a vuoto.
Di fronte all'evidente incongruenza di quel comportamento meglio non porsi troppe domande, meglio immaginare che forse non è dato sapere tutto, ma una ragione ci sarà pur stata… (sopravvive intramontabile, nella sinistra, un riflesso fideistico che impedisce di guardare in faccia la realtà quando questa mette in discussione personalità a cui ci si era votati).
In effetti c’è sempre una spiegazione razionale: cercarla, però, non costituisce un ingeneroso processo alle intenzioni, serve semmai a capire di più, ad avvicinarsi alla verità delle cose, per spiacevoli che possano rivelarsi.
Provo a spiegarmi con un aneddoto.
Capita, talvolta, nella gestione di una vertenza difficile, caratterizzata da lotte e scioperi duri e prolungati, che il sindacalista che la guida si convinca (o tema) di non farcela, di non avere più frecce al proprio arco e avverta come insuperabile la forza del padrone che mette in atto rappresaglie, minacciando di chiudere la fabbrica.
Come uscirne, considerato che la parte più combattiva dei lavoratori non demorde?
La soluzione è quella di rimettere loro il giudizio, attraverso un pronunciamento che serva a decidere se continuare la lotta o a chiudere purchessia lo scontro ingaggiato.
Il sindacalista sa che in questi frangenti, sotto la sferza del il ricatto padronale, alla parte dei lavoratori che sta sempre col padrone si aggiunge quella meno combattiva e che anche nel proprio fronte, fiaccato dalla durezza del conflitto, si possono determinare degli smottamenti.
Il sindacalista pensa, in definitiva, che perderà il referendum e che dovrà capitolare, ma che così salverà la coscienza perché saranno stati i lavoratori a deciderlo.
Tuttavia, quando questo accade, dentro quel sindacalista, qualcosa si rompe, irrimediabilmente.
Ecco, io credo che in Grecia sia successo qualcosa del genere, con l’aggravante che l’Oki aveva stravinto e che l’abbandono della posizione è stata perciò vissuta come un evento incomprensibile, oltre che catastrofico.
E’ nota la spiegazione adottata: il referendum – si è detto - era contro l’austerità, ma non contro l’euro. Tenere ferma la posizione avrebbe comportato l’aborrita ‘grexit’, come minacciato dall'ineffabile signor Shauble.

Qui però sta il punto.
Se le due opzioni - fine dell’austerità e permanenza nell’area della moneta unica – sono in aperto conflitto, quale delle due prevale sull'altra?
Se la scelta è per la moneta, la lotta all'austerità passa inevitabilmente in secondo piano e il memorandum che ne è la quintessenza diventa l’orizzonte in cui da quel momento ti muovi.
In altri termini, il ‘No’ all'austerità vale solo fintanto che non sia in discussione la permanenza nell'euro. Fuori da quella cornice non c’è che la resa.
Tutto ciò che è seguito è la conseguenza del vicolo cieco in cui l’assenza di alternative (pensate, parzialmente, dal solo Varoufakis, ma subito rigettate dalla maggioranza della segreteria di Syriza) ha cacciato il confronto, mai in realtà esistito, perché in esso la Commissione europea, la Germania, la Bce e il Fmi si sono comportati esattamente come il gatto col topo, come lo strozzino con la sua vittima.
Sento sproloquiare sul presunto “leninismo” che avrebbe ispirato la mossa di Tsipras.
Si cita il Lenin di Brest Litovsk, quando nel 1918 i bolscevichi fecero durissime concessioni territoriali agli imperi centrali. Piccolo particolare: con quel trattato Lenin ritirò la Russia divenuta sovietica dalla guerra e difese la rivoluzione, il potere rivoluzionario e le sue conquiste.
In Grecia la resa non ha lasciato in piedi nulla. E temo che il peggio debba ancora venire.
L’illusione che ora sia possibile una gestione “da sinistra” del memorandum è il frutto più avvelenato della capitolazione: che sia oggi Tsipras a spiegare che quelle misure iugulatorie possono rimettere in corsa la Grecia quando rappresentano la più drammatica continuità con le vecchie politiche contro le quali Syriza è nata e ha vinto, mette grande tristezza.
Fra gli (inevitabili) effetti collaterali della sottoscrizione del diktat c’è la drammatica spaccatura di Syriza e – ciò che è peggio – c’è il vulnus democratico inflitto al partito il cui comitato centrale aveva respinto a maggioranza l’accordo, cosa che ha provocato le dimissioni del segretario, Tasos Koronakis, e quelle dell’ultimo segretario del Synaspismos, dal quale Syriza stessa è nata. Anche Theodoros Kollias (ghost writer di tanti interventi di Tsipras) ha abbandonato il partito, mentre l’organizzazione giovanile si sta sfaldando.
Ma c’è di più. Ora si va alle elezioni. E verosimilmente Tsipras non avrà la maggioranza assoluta.
Se la conquistasse dovrebbe comunque applicare diligentemente le misure sottoscritte con la troika.
Se non l’avrà dovrà farlo alleandosi con il Pasok e con To Potami, se non addirittura con la destra di Nuova democrazia in una grande coalizione, condividendo il potere (si fa per dire) con le forze contro cui Syriza aveva combattuto sino a due mesi fa.
Ora, vedo con estrema preoccupazione che nel gruppo dirigente del partito e in quello de L’Altra Europa si sta affermando un orientamento che suona come un’adesione incondizionata alla figura carismatica di Tsipras sino al punto di spendersi nel sostegno alla sua campagna elettorale.
L’A.E. parla addirittura di un proprio “legame indissolubile” col nome di Tsipras che “campeggia nel logo stesso dell’A.E”.
Insomma, noi dovremmo essere con Tsipras…a prescindere. Punto e basta.
Se è così, ci sono tutte le premesse per una profonda involuzione culturale, oltre che politica, della nostra strategia.
Se l’attuale linea di Tsipras diventa anche la nostra nuova bandiera, che ne è della nostra alternatività al Pse, al Pd (non solo nella versione di Renzi), alle politiche di austerità, al liberismo?
Quale torsione politica subirebbe la stessa ricerca, data più volte per raggiunta, di una “Costituente di sinistra”?
Quale profilo politico e programmatico assumerebbe, nell'insieme e nelle parti, un soggetto già così precario nelle sue figure più rappresentative?
Si vede già come alcuni dei partecipanti all'allegra Brigata Calimera abbiano prontamente fatto – a loro modo –i conti con la sconfitta di Tsipras per affogare nella culla (Sel) i propri neonati propositi di alternatività dichiarando che alle prossime elezioni amministrative andranno col Pd ovunque possibile.
La battaglia iniziata da Syriza, così carica di suggestioni e di potenzialità eversive dell’ordine capitalistico europeo, rischia, nel suo crepuscolo, di venire riassorbita (e noi con essa) dentro uno schema culturale subalterno che, in quanto tale, non sa più individuare le potenziali rotture di faglia per adattarsi al modello incarnatosi nella formazione economico-sociale europea.
La sconfitta serve se non la neghi, se la sai chiamare con il suo nome e se ne individui lucidamente le ragioni; e se sai spingere l’esame critico sino alla radice del tuo gap teorico e politico, come seppe fare Antonio Gramsci dopo la sconfitta operaia nel biennio rosso e dopo l’avvento del fascismo.
Altrimenti sulla nostra impotenza si consumerà una nuova pesante sconfitta di tutta la sinistra europea, non nella forma di una rivoluzione passiva, ma in quella di una vera e propria svolta che muterà (e già sta mutando) in forme reazionarie inedite il carattere dell’Europa.

Scandalo a San Colombano: la questura difende i fascisti

Come nel 1919, come nel 1970 lo stato protegge i fascisti violenti e ferma gli antifascisti che manifestano pacificamente.
Questo è accaduto e sta accadendo a San Colombano, frazione del comune di Collio, ultimo nucleo abitato della Valle Trompia ai piedi del Maniva.
Tutto è iniziato con l'invio nella piccola frazione di 19 migranti da parte della Prefettura, in un albergo chiuso dal 2012 e riaperto per l'occasione a seguito della assegnazione ai titolari del servizio di distribuzione territoriale della ondata di migranti e richiedenti asilo provenienti dall'Africa e dall'Oriente, quasi sempre a seguito di guerre e crisi scatenate dall'intervento armato occidentale e dalla evoluzione politico-economica che a seguito di questo intervento si è scatenata.
A questo punto le bande di Forza Nuova e di Casapound si sono scatenate, installandosi nel paese con l'appoggio di un paio di militanti locali e trovando seguito tra una decina di abitanti locali più o meno giovani.
A questo punto si è assistito all'incredibile: il governo, cioè lo Stato, invia in paese i rifugiati, e la sua forza armata interna, la polizia, invece di assicurare la pacifica esecuzione della decisione governativa, tollera che il paese sia "preso prigioniero" della ciurma nazi-fascista giunta a rinforzo dalla provincia ed oltre. Ai migranti, dicono testimoni locali, è impedito persino di aprire le finestre. Non parliamo di uscire in paese. Le azioni violente sono culminate a più riprese in un assedio ai profughi condita con grida tipo "Vi bruceremo l'albergo". Il tutto con l'appoggio politico esplicito, oltre che della sindaca di Collio, a sua volta albergatrice (ah, le malelingue...), di due tra i sindaci più fanatici e chiacchierati della fauna fascio-leghista bresciana, il sindaco di Trenzano e quello di Adro (il "famoso" sindaco della Scuola Media ricoperta con i simboli della Lega, e per questo pluricondannato con sanzioni soprattutto amministrative), che sono corsi a dar man forte alla eroica collega.
Sabato 5 settembre un ampio ventaglio di forze politiche e sociali ha indetto una manifestazione di solidarietà da tenersi nella piazza di San Colombano, ma meraviglia delle meraviglie, si scopriva che per il vice questore vicario Emanuele Ricifari la "piazza" di San Colombano è perfettamente agibile per i fascisti che si oppongono ad una decisione dello Stato; ma è rigorosamente preclusa a chi manifesta affinché la decisione dello Stato trovi una equa attuazione.
Per una volta gli "antagonisti", volenti o nolenti si trovano dalla parte dello Stato?! Niente paura: il Nostro Ricifari, ansioso forse di ripetere le gesta che lo avevano visto protagonista sotto la gru, dove per le cariche insensate gli era stato affibbiato il titolo di Vice Questore Vicari[c]o, rimette le cose a posto: agli antifascisti la "piazza" occupata dai fascisti deve restare preclusa.
Ecco alcuni stralci della prosa del "Nostro", tratte dalla risposta che la questura giovedì 3 settembre fornisce alla "comunicazione" di legge fatta dagli antifascisti la sera di martedì 1 settembre:
Preso atto della comunicazione del 2 settembre 2015 ... [di] ... un “presidio di
solidarietà ai profughi e contro xenofobia e razzismo” per sabato 5
settembre 2015, dalle ore 14.30 alle ore 18.30, in Piazzetta Santa
Barbara di Colombano, nel Comune di Collio;
Premesso che in quella stessa piazza si sono svolte varie iniziative estemporanee per protestare contro la presenza di richiedenti asilo politico alloggiati nel Comune di Collio;
 [Nota bene: le azioni di minaccia e di violenza fascista sono depotenziate a "iniziative estemporanee". Sembra quasi che, se si tratta di fascisti, il fare manifestazioni violente non comunicate alla questura costituisca un lasciapassare: sono estemporanee, che cosa c'entro io, sembra dire l'estensore]
Ma il bello deve viene ora. Innanzitutto la questura, bontà sua, ribadisce che:
è necessario garantire il regolare svolgimento del presidio di Rifondazione Comunista e delle sigle che Vi hanno successivamente aderito [Nota: la questura scambia il fatto che conosce il fax che ha spedito la comunicazione come fax di Rifondazione con la falsa identificazione di Rifondazione come solitaria organizzatrice della manifestazione: Rifondazione è sola una delle realtà che hanno partecipato al processo organizzativo fin dall'inizio]
Ma come garantire questo diritto? Semplice: cancellandolo. Infatti continua il vice questore vicari[]o:
individuando una zona idonea alla predisposizione di un adeguato dispositivo di Ordine Pubblico
E dove trovare una zona idonea? Ecco il colpo di genio della questura:
che il presidio di Rifondazione Comunista e delle sigle che hanno aderito all'iniziativa successivamente all'arrivo del preavviso si svolga in forma statica dalle  ore 15.00 alle ore 17.00, di sabato 5 settembre 2015, a Gardone Val Trompia, nel piazzale ubicato in Via Artigiani, nei pressi della sede della Comunità Montana Val Trompia
Cioè la questura decide il dove, il come e il quando, a più di venti chilometri in linea d'aria da dove i fascisti stanno compiendo i loro misfatti completamente indisturbati, e in un contesto che ben poco ha a che fare con la materia della manifestazione. Ma come mai diventa necessaria questa prescrizione, secondo l'illuminato parere del rappresentante dello Stato? Eccolo il perché:
il permanente stato di agitazione registrato nella frazione di San Colombano del Comune di Collio (BS) con il rischio di contrapposizione e ripercussioni negative su cittadini e/o turisti non interessati alla Vicenda
 Qui la prosa dell'estensore raggiunge il grottesco, quasi il comico, se non fosse tragico il pensiero che sembra sotteso a questa sua affermazione: la manifestazione di protesta contro i violenti non si può fare dove i fascisti stanno compiendo le loro prevaricazioni, perché essi continuano con il loro "permanente stato di agitazione", che, evidentemente, non sta disturbando nessuno. L'enormità di questo passaggio lascia davvero sbalorditi: a parte il convincimento che "cittadini e/o turisti" non sono turbati dalle violenze che il vice-questore chiama "permanente stato di agitazione" emergente dal documento della questura, è esplicito che i gestori dell'albergo non rientrano tra i "cittadini" che soffrono "ripercussioni negative". Tanto meno ci si può preoccupare, sempre secondo il documento ufficiale questorile, delle "ripercussioni negative" che soffrono da settimane i profughi; i quali, lo ripetiamo, sono giunti a San Colombano per decisione del Prefetto che, fatte salve le questioni tecniche, del questore è un superiore diretto.
È proprio il caso di chiedersi che cosa stia succedendo!
Nelle immagini e nel filmato che segue alcune immagini significative che illustrano in modo plastico, anche se tecnicamente non ineccepibile, la situazione a San Colombano

fascisti a san colombano




Per finire ancora due informazioni: di fronte alle prescrizioni della questura gli organizzatori si sono riuniti urgentemente giovedì sera 3 settembre nella sede di Rifondazione Comunista, dove si è deciso di rinunciare alla manifestazione diretta nella piazza di San Colombano, di fissare il ritrovo nel luogo indicato dalla questura; ma poi di procedere allo spostamento del presidio al confine di San Colombano, nell'area perfettamente idonea al margine inferiore del paese che si vede nelle foto e nel filmato, ed avanzando la richiesta minima alla questura di permettere una delegazione che si recasse in paese a dare ai migranti, più che i generi di prima necessità, che pure erano previsti, il conforto morale di non vedersi soli nelle mani dei facinorosi. Anche di fronte a questa richiesta la questura ribadiva le sue prescrizioni. A questo punto non restava che la disobbedienza civile, per cui i manifestanti hanno realizzato il programma stabilito: concentramento a Gardone, presidio a San Colombano, richiesta di aprire ad una delegazione che si recasse all'interno del paese per portare la solidarietà ai migranti. Nonostante gli inevitabili screzi, compreso un manifestante che veniva fermato per una sua reazione alla provocazione di un fascista che passava in macchina (il presidio non era un blocco stradale!), e poi presto rilasciato, stava andando in porto la richiesta di consentire ad una limitata delegazione di sole donne di recarsi in paese. Guarda caso, proprio allora il gruppo di fascisti appostati in alto decidevano di scendere a cercare lo scontro, provocando le cariche della polizia. Naturalmente questo è bastato per far tramontare l'idea della delegazione; poi è intervenuta la pioggia, per cui si è deciso di scendere a Gardone, dove davanti alla sede della Comunità Montana si è tenuta una assemblea all'aperto che, constatata l'incredibile situazione di un pezzo di territorio nazionale tenuto ostaggio da una una specie di ISIS nostrana, veniva deciso-comunicato che la mobilitazione non si ferma: oggi mercoledì 9 settembre nella Sala Civica di Ponte Zanano (Sarezzo) si tiene l'assemblea prosecuzione diretta della mobilitazione; mentre domani sera nella sede della Comunità Montana si terrà una riunione promossa dall'ANPI VALTROMPIA, che cercherà di coinvolgere nella rimozione di questa assurda e preuccupante situazione anche tutte le forze istituzionali disponibili.

A cura i webmaster

venerdì 4 settembre 2015

Presidio a San Colombano di collio - Sabato 5 settembre - ore 14.30-18.30

ANTIFASCISTI ANTIRAZZISTI

PONIAMO FINE ALLO SCIACALLAGGIO DI LEGA E FORZA NUOVA, DIFENDIAMO LA COSTITUZIONE NATA DALLA RESISTENZA

SI ALL'ACCOGLIENZA DEI PROFUGHI
NO AL RAZZISMO ED ALLA XENOFOBIA

SABATO 5 SETTEMBRE MANIFESTAZIONE PRESIDIO A SAN COLOMBANO DI COLLIO

ORE 14 CONCENTRAMENTO DAVANTI LA SEDE DELLA COMUNITA' MONTANA DELLA VALLE TROMPIA A GARDONE V.T.
ORE 14,30 PARTENZA PER SAN COLOMBANO DI COLLIO E PRESIDI0

PARTECIPATE


COORDINAMENTO ANTIFASCISTA E ANTIRAZZISTA