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mercoledì 26 novembre 2014

Piazza Loggia - manifestazione migranti - sabato 29 novembre

PERMESSO PER TUTTI, NO AGLI SFRATTI, NO ALLA BOSSI-FINI
NO AL RAZZISMO E ALLE DISCRIMINAZIONI

MANIFESTAZIONE
SABATO 29 NOVEMBRE
ORE 15 PIAZZA LOGGIA  A  BRESCIA

PROMUOVONO: DIRITTI PER TUTTI
COORDINAMENTO IMMIGRATI CGIL
CROSS POINT
ASSOCIAZIONI MIGRANTI

per adesioni: 29novembrenorazzismo@gnumerica.org

facebook: https://www.facebook.com/events/418709884943631/?pnref=story


La situazione degli immigrati di Brescia oggi è peggiore di quella di altre città italiane. A causa della legge Bossi-Fini gli immigrati che perdono il lavoro per colpa della crisi perdono anche il permesso di soggiorno. Migliaia di immigrati rischiano di ridiventare clandestini perché la questura non concede il rinnovo. A Brescia su 5000 domande di sanatoria 2012 ci sono più di 4000 rigetti, dopo aver pagato migliaia di euro. In provincia di Brescia ci sono più di 2000 sfratti e alle famiglie di immigrati i comuni propongono di tornare nei paesi di origine anche se vivono qui da moltissimi anni. Per fare la residenza a
Brescia bisogna aspettare tanto e non si è trattati come i cittadini italiani; c'è poi il problema della idoneità d'alloggio. E' un'emergenza sociale gravissima . E' ora di dire basta e di lottare tutti uniti per ottenere i nostri diritti.
DIRITTI PER TUTTI
COORDINAMENTO IMMIGRATI CGIL
CROSS POINT
ASSOCIAZIONI MIGRANTI

PIATTAFORMA DELLA MANIFESTAZIONE DEL 29 NOVEMBRE

La Provincia di Brescia è tradizionalmente territorio ad alto tasso di immigrazione: su una popolazione di circa 1.250.000 abitanti, sono oltre 170.000 gli immigrati residenti, e circa 30.000 quelli presenti irregolarmente, o formalmente residenti in altre province.

Secondo i dati statistici forniti nel 2012 dalla provincia di Brescia, il 41,6% degli immigrati ha un’occupazione lavorativa a tempo indeterminato, il 9,3% a tempo determinato, mentre l’11,8% è senza lavoro; il 64% vive in affitto, il 15% in casa di proprietà, il 12% vive con ospite di altri cittadini stranieri e solo il 5% in sistemazioni precarie.

Ai dati statistici che forniscono l’immagine di un fenomeno sociale strutturale, fa da contraltare la grave inadeguatezza del sistema normativo e delle istituzioni locali (in primis Prefettura e Questura) alle quali sono attribuite competenze sull’immigrazione.

La materia è ancora disciplinata dalla legge Bossi-Fini, i cui aspetti negativi sono stati più volte evidenziati e criticati dai movimenti antirazzisti e dei migranti, senza peraltro che i diversi governi che si sono succeduti al centro-destra abbiano inteso modificarne l’impianto. E la sua abrogazione non compare certo nell’agenda del governo Renzi.

In primo luogo, È ASSOLUTAMENTE NECESSARIO RECIDERE LO STRETTO RAPPORTO TRA RINNOVO DEL PERMESSO DI SOGGIORNO e disponibilità di un’attività lavorativa: oggi, nel pieno della recessione e della crisi economica, e con gli indicatori sulla disoccupazione che non accennano a migliorare, sono migliaia e migliaia in Provincia di Brescia (e decine di migliaia in Italia) gli immigrati che rischiano di essere restituiti alla “clandestinità”, dopo anni di presenza regolare, per la mancanza di una stabile occupazione. Il fenomeno rischia nei prossimi mesi di assumere caratteristiche emergenziali e richiede un intervento urgente del legislatore, per non far precipitare nella privazione di diritti persone ormai stabilmente inserite nel tessuto sociale.

L’ABROGAZIONE DELLA LEGGE BOSSI-FINI deve accompagnarsi alla CHIUSURA DEI C.I.E. (i Centri di identificazione ed espulsione), luoghi di detenzione amministrativa dove sono reclusi fino a sei mesi, in un regime di privazione di diritti e della dignità personale, donne e uomini che non si sono macchiati di alcun reato, ma che hanno l’unica “colpa” di essere privi del permesso di soggiorno.

E’ necessario, ancora, AGEVOLARE E SNELLIRE LE PRATICHE DI RICONGIUNGIMENTO FAMILIARE, rendendo effettivo il diritto all’unità della famiglia, sancito dalla Costituzione e dalle convenzioni internazionali, un diritto il cui esercizio è ostacolato da pastoie burocratiche e da prassi spesso poco trasparenti delle rappresentanza diplomatiche italiane all’estero.

Ed è necessario anche: INTRODURRE UN MECCANISMO DI REGOLARIZZAZIONE ORDINARIA PER OGNI CITTADINO STRANIERO GIÀ PRESENTE IN ITALIA che dimostri lo svolgimento di una attività lavorativa o importanti legami familiari o affettivi; abrogare l’accordo di integrazione, il contratto di soggiorno, la tassa sul permesso di soggiorno e ogni automatismo preclusivo al mantenimento del titolo di soggiorno; SOTTRARRE A PREFETTURE E QUESTURE, PER TRASFERIRLE AI COMUNI, LE COMPETENZE IN ORDINE AL RINNOVO DEI PERMESSO DI SOGGIORNO; intervenire finalmente per dotarsi di una LEGGE SULLA CITTADINANZA PIÙ CIVILE E INCLUSIVA.

Queste richieste sono da tempo patrimonio condiviso dei movimenti antirazzisti e delle associazioni e organizzazioni dei migranti, perché non si continui a trattare l’immigrazione come una minaccia alla sicurezza o, nella migliore delle ipotesi, come un fenomeno momentaneo da gestire con provvedimenti di tipo episodico o emergenziale, senza dar corso ad adeguate politiche di integrazione sociale dei cittadini stranieri, da riconoscere in primo luogo come soggetti portatori di diritti, oltre che di doveri.

La richiesta di un radicale intervento del legislatore richiama alle proprie responsabilità la politica nazionale, MA A BRESCIA NON È SOLO LA LEGGE BOSSI-FINI A COMPLICARE LE CONDIZIONI DI VITA DEI MIGRANTI: infatti Prefettura e Questura sembrano competere tra loro in un’intollerabile gara a chi impronta a maggior inefficienza e severità le propria attività in ordine al rilascio e al rinnovo del permesso di soggiorno.

LA QUESTURA DI BRESCIA IMPIEGA ORDINARIAMENTE PIÙ DI UN ANNO PER RINNOVARE IL PERMESSO DI SOGGIORNO, ma sono numerosi i casi in cui l’attesa si prolunga fino a superare i due anni; si tratta di tempi inaccettabili: come reagirebbe un cittadino italiano, se dovesse aspettare due anni per il rilascio del passaporto? Di più, LA QUESTURA HA IMPRONTATO LA PROPRIA ATTIVITÀ A UN’APPLICAZIONE PARTICOLARMENTE SEVERA E PUNITIVA DELLA GIÀ PESSIMA NORMATIVA, eccedendo (col risultato di allungare inutilmente i tempi di attesa) in controlli che potrebbero essere effettuati anche a posteriori e negando il titolo di soggiorno per mancanza di reddito a persone presenti da anni e anni in Italia, magari col loro nucleo familiare.

E il modo in cui lo Sportello Unico per l’Immigrazione della Prefettura ha affrontato le domande di emersione dal lavoro irregolare (la cosiddetta sanatoria) presentate nel 2012, è poi se possibile ancora peggiore: il S.U.I. della provincia di Brescia ha applicato e interpretato le norme che regolano il procedimento di emersione dal lavoro irregolare in modo assolutamente anomalo rispetto al panorama nazionale, con evidenti riflessi sia in ordine ai tempi di compimento del procedimento, sia in ordine ai risultati.

Gli ultimi dati statistici ad oggi forniti dal Ministero dell’Interno sono aggiornati al 28 agosto 2014 e segnalano inequivocabilmente l’anomalia bresciana nella gestione delle procedure di emersione: lo Sportello unico per l’immigrazione di Brescia risultava a quella data aver definito solo il 56,77% delle pratiche, a fronte di una media nazionale del 83,70%, stabilendo un poco invidiabile primato di inefficienza.

Ma il dato impressionante è quello della percentuale pratiche andate a buon fine sul totale di quelle presentate: il 17,61% a fronte di una media nazionale del 73,41%.

A Brescia le domande che hanno un esito positivo e si concludono con la stipula del contratto di soggiorno superano di poco il 30% (solo 920 contratti firmati su 2985 pratiche definite). Per prendere come termini di paragone province che hanno trattato un numero di pratiche vicino a quello di Brescia, a Bologna sono stati firmati 2462 contratti su 2913 pratiche; a Bergamo 2819 contratti su 3525 pratiche; a Caserta 2653 contratti su 3004 pratiche; a Modena 2134 contratti su 2796 pratiche; a Torino 2098 contratti su 2662 pratiche, e si potrebbe continuare così.

In definitiva, la percentuale di pratiche che si chiudono con un provvedimento negativo è a Brescia più che doppia rispetto a tutte le altre province.

C’è una sola possibile chiave di lettura di questi dati: LO SPORTELLO UNICO PER L’IMMIGRAZIONE DI BRESCIA HA SISTEMATICAMENTE IMPRONTATO LA PROPRIA ATTIVITÀ A UN RIGORE CHE SPESSO SFOCIA IN ARBITRIO E VIOLAZIONE DELLE NORME, con la conseguenza di vanificare una delle finalità della legge di emersione, che è quella di far emergere cittadini stranieri dalla condizione di irregolarità, lavorativa e di fronte alle norme che regolano il soggiorno nel territorio dello Stato.

A FRONTE DI QUESTA SITUAZIONE, DEL TUTTO INACCETTABILE, NON SI PUÒ CHE PRETENDERE UN RIESAME, A RICHIESTA DELL’INTERESSATO, DELLE PRATICHE RIGETTATE, e un esame di quelle ancora pendenti, sulla base di un’interpretazione e un’applicazione della legge, conformi a quella che sono state date in tutte le altre province; diversamente, sarà stata realizzata a scapito degli immigrati bresciani un’ingiustificata e iniqua disparità di trattamento.

Per finire, si chiede anche che il Comune di Brescia voglia modificare le disposizioni, introdotte nel 2009 dalla giunta Paroli-Rolfi, che stabiliscono un canale diverso per l’iscrizione anagrafica dei cittadini “extracomunitari”, che non possono prenotare direttamente l’appuntamento con gli uffici del Comune, ma devono farlo per il tramite di enti e associazioni convenzionati.

Si tratta di un inutile aggravamento della procedura di concessione della residenza anagrafica, il cui carattere discriminatorio ben si confaceva all’Amministrazione locale di destra, ma al quale la giunta Del Bono non ha ancora inteso porre rimedio.

Route 181 - il destino della Palestina - a Brescia in via Risorgimento



2014 anno internazionale di solidarietà con la Palestina

Sabato 29 Novembre 2014 ore 20.30
Casa del Popolo Euplo Natali
Via Risorgimento 18 - Brescia



nel 67° anniversario della risoluzione dell’ONU no. 181 che

sanciva la spartizione della Palestina storica


Presentazione di brani dal Film
ROUTE 181”

Frammenti di un viaggio in Palestina-Israele
di

Michel Khleifi e Eyal Sivan


Per oltre un anno i due registi hanno portato avanti un progetto davvero unico e ambizioso, percorrendo il loro paese da sud a nord, lungo l’immaginaria Route 181, la linea che dal 1947 avrebbe dovuto suddividere il territorio palestinese secondo la risoluzione 181 delle Nazioni Unite. Route 181 è un saggio visivo straordinario che è stato in grado di cogliere nel pieno del suo significato la quotidianità dei territori attraverso le parole intense delle persone incontrate lungo la strada.
Ma oggi questa soluzione è ancora valida ?

Con la Palestina nel cuore
Associazione di Amicizia Italia-Palestina, Brescia


martedì 25 novembre 2014

Renzi, ovvero il randello dei padroni

In perfetta coerenza con la sua "soppressione delle province", in realtà soppressione generalizzata del diritto per tutti i cittadini di eleggere i loro rappresentanti nei consigli provinciali, Renzi plaude entusiasta la fatto che in Emilia due elettori su tre siano rimasti a casa: se va così gli verrà risparmiato il fastidio di fare altre leggi che tagliano la democrazia alla radice: a votare andranno solo quelli che piacciono a lui.
Senza rendersi conto che il voto è sempre stato anche uno sfogatoio, e un utile strumento di monitoraggio degli umori del "popolo bue" (secondo lui). Tanto che persino Squinzi si è dichiarato allarmato per un segnale così inequivocabile della mancanza di consenso popolare come quello lanciato dagli elettori dell'Emilia Romagna e della Calabria.
Per intanto il "suo" parlamento si lancia nella soppressione definitiva degli esiti del referendum sull'acqua e sui servizi pubblici locali. Su questo argomento riportiamo il comunicato del "Forum italiano dei movimenti per l'Acqua" in merito agli ultimi passaggi parlamentari:

Comunicato stampa

La Camera cancella il diritto all'acqua e benedice i distacchi idrici


Il 13 novembre scorso la Camera ha approvato il Collegato Ambientale alla legge di stabilità 2014, cancellando un articolo che impediva i distacchi del servizio idrico e garantiva il diritto all'acqua tramite il minimo vitale.

Infatti, la formulazione originaria di suddetto provvedimento conteneva tre articoli sulla gestione del servizio idrico integrato, uno dei quali riguardante la disciplina della morosità.
In caso di utenti morosi l'articolo 26 imponeva ai gestori l'istallazione di limitatori di flusso idonei a garantire la fornitura giornaliera essenziale di 50 litri al giorno per persona, evitando così il distacco completo.

Assume particolare rilevanza anche la modalità poco trasparente con cui questo articolo è stato cassato. Infatti, nonostante in un primo momento sia stato oggetto di discussione e modifiche con intenzioni migliorative, successivamente è stata imposta la sua cancellazione in Commissione Ambiente senza ulteriore possibilità di approfondimenti e dibattito neanche da parte dell'aula.

Questa soppressione è un vero schiaffo in faccia alle miglaia di famiglie colpite, giornalmente, dai distacchi idrici da parte di gestori che utlizzano questo strumento in modo diffuso e indiscriminato, al solo scopo di rendere più efficace il proprio recupero crediti e più consistenti gli utili aziendali.

In un momento in cui il Governo Renzi lavora alle nuove privatizzazioni, si vuole rendere il servizio idrico ancor più appetibile alle lobbies economiche e finanziarie, cercando di dimostrare che l'acqua non è un diritto, ma una merce come le altre.

La maggioranza degli italiani però non la pensa così: in 27 milioni hanno votato ai referendum del 2011 affinché l'acqua fosse svincolata dalle logiche di mercato e sarebbe necessario che il Governo tenesse conto di una volontà popolare così chiara.

Per questo il Forum Italiano dei Movimenti per l'acqua si sta mobilitando in tutto il Paese contro il rilancio delle privatizzazioni, per impedire che “passo dopo passo” il Governo Renzi faccia tornare indietro il Paese.
Inoltre annunciamo sin da subito che ci attiveremo affinchè nel passaggio al Senato tale articolo venga ripristinato.

Il futuro è in una gestione dell’acqua pubblica, partecipata, senza profitti. E senza distacchi!
Roma, 20 Novembre 2014.


Forum Italiano dei Movimenti per l'Acqua

lunedì 24 novembre 2014

Acqua: a tre anni dal referendum - assemblea a Brescia

VENERDI’ 28 NOVEMBRE ORE 20.45
A 3 ANNI DAL REFERENDUM
COSA SUCCEDE ALL’ACQUA?
ASSEMBLEA PUBBLICA
ORATORIO DI S.MARIA IN SILVA
VIA SARDEGNA 24 BRESCIA
Il decreto "Sblocca Italia" costruisce un piano complessivo di aggressione ai beni comuni e contiene delle norme che, modificando profondamente la disciplina riguardante la gestione dell'acqua, mirano di fatto alla privatizzazione del servizio idrico.
In particolare, tramite l´imposizione di un gestore unico per ogni ambito territoriale provinciale, che sarà scelto tra le grandi aziende e le multiutilities.
A questo si aggiungono le previsioni, contenute nella legge di stabilità, di vantaggi per le amministrazioni che privatizzano e svantaggi per chi mantiene pubblica la gestione.
Sulla stampa locale appaiono notizie sulla costituzione di un gestore unico del servizio idrico nella nostra provincia, che potrebbe determinare la privatizzazione del servizio su tutto il territorio provinciale, dell´ulteriore discesa della quota detenuta dai comuni di Brescia e Milano in A2A, di possibili aggregazioni di A2A con altre imprese contenenti soggetti privati.
Un bene essenziale rischia di diventare ancor più fonte di profitto privato.
L´alternativa c´è: costituire un ente di gestione completamente pubblica con forme di democrazia partecipativa e democratizzare le decisioni negli ambiti di gestione per mettere al centro i bisogni delle persone e l´ambiente.
Per discutere di cosa sta succedendo e di come agire per far sì che l´acqua diventi realmente un bene comune.


Partecipano:
CORRADO ODDI - Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua
MICHELE GUSSAGO - Consigliere Provinciale con delega Azienda
Speciale Ufficio d'Ambito

Comitato Bresciano Acqua Pubblica – Forum Italiano dei Movimenti per l’acqua


sabato 15 novembre 2014

A Lonato contro la tav il 22 ottobre 2014

Il grande successo di partecipazione delle recenti mobilitazioni contro il progetto dell’Alta Velocità Brescia-Verona mostra la concreta possibilità che si crei un movimento popolare capace di bloccare quest’opera inutile, costosa e fortemente dannosa per il territorio e l’economia bresciana. L’entusiasmo e la partecipazione che accompagnano le assemblee mano a mano che vengono organizzate nei paesi mostrano la volontà di intraprendere questa battaglia affinchè si riprenda in mano il futuro di un territorio tanto bistrattato negli ultimi decenni.
Nonostante questo, sappiamo che il consorzio Cepav 2, il general contractor che ha in carico la realizzazione dell’opera, mostra tutta l’intenzione a voler aprire i cantieri entro la metà del 2015, forte di un sistema legislativo che ancora ci impone le grandi opere come investimenti prioritari per il Paese. Il progetto definitivo è stato infatti depositato e il 6 novembre ci sarà a Roma la prima conferenza dei servizi, mentre il 25 dello stesso mese scadranno i termini per le osservazioni in vista della verifica d’ottemperanza.
Mano a mano che il progetto viene sviscerato, emergono sia la superficialità con cui è stato redatto, sia le enormi ricadute per il territorio (viabilità di cantiere segnata su cartografie vecchie di trent’anni, zone di stoccaggio di materiali interne ad aree con vincolo archeologico e tutelate dall’Unesco, ecc.).
Nemmeno il finanziamento da 1,5 miliardi di euro, sbandierato dal consorzio e (secondo loro) inserito nell’ultima legge di stabilità, pare avere dei riscontri reali. Ai limiti della follia, inoltre, la richiesta di apertura di 6 nuove cave di prestito localizzate in quei comuni che oggi registrano la più alta densità di cave e discariche d’Europa.
E mentre dal dibattito pubblico scompaiono i riferimenti all’utilità dell’opera, soluzioni alternative, più praticabili e sostenibili, sono già state individuate. Come, ad esempio, il potenziamento della linea storica oggi sottoutilizzata, che garantirebbe, inoltre, un risparmio consistente di risorse pubbliche che potrebbero essere destinate per opere ben più utili al territorio e alla collettività (collettore del Garda, bonifiche ambientali, sanità, edilizia scolastica, ecc.).

Per questo motivo e per dare un ulteriore segnale che non si accettano mediazioni al ribasso, i comitati No Tav dei comuni interessati dal passaggio della tratta Brescia–Verona hanno indetto una nuova passeggiata popolare per sabato 22 Novembre nel territorio del comune di Lonato, che sarà tra i più colpiti dai cantieri.

Siamo stanchi che i nostri soldi vadano ad alimentare i soliti meccanismi di corruzione e speculazione, le emergenze nel nostro territorio sono altre!

FERMARLO E’ POSSIBILE, FERMARLO TOCCA A NOI

Sabato 22 Novembre, h. 14.00, Piazza Martiri della Libertà, Lonato

#passeggiatanotav #fermarloèpossibile #fermarlotoccaanoi

Articolo e evento FB da convidere
http://notavbs.org/22-novembre-passeggiata-tav-lonato.html

https://www.facebook.com/events/722802331139021/?notif_t=plan_user_joined

Follia della folla

Di solito su questo blog escono solo notizie e commenti di carattere locale. Ma di fronte all'impressionante caccia alle streghe scatenata a Roma contro gli ospiti di un centro di assistenza, sul quale si dirige la furia concentrata di tutto il disagio e di tutto il dramma, già attuale ed ancor più minaccioso in un prossimo futuro,  di strati sempre più vasti di popolazione, si dà voce ad una lettera aperta che le operatrici del centro di Tor Sapienza hanno chiesto di far girare sulla rete. Per noi è chiara la dinamica e la tattica di indirizzare su un capro espiatorio di comodo il disastro sociale ed economico generato da un capitalismo impazzito, che dopo la caduta dell'Unione Sovietica non ha più di fronte a sé alcun ostacolo, se chi nel capitalismo legge la radice strutturale della situazione attuale non sa trovare una risposta adeguata.
Questa la lettera aperta scritta dagli ospiti (ex ospiti, ormai) del Centro Morandi di Tor Sapienza di Roma:
_LETTERA APERTA DEI RIFUGIATI DEL CENTRO MORANDI DI TOR SAPIENZA, ROMA_

_Tutti parlano di noi in questi giorni, siamo sotto i riflettori:
televisioni, telegiornali, stampa. Ma nessuno veramente ci conosce. _

_Noi siamo un gruppo di rifugiati,35 persone provenienti da diversi
Paesi: Pakistan, Mali, Etiopia, Eritrea, Afghanistan, Mauritania, ecc...
Non siamo tutti uguali, ognuno ha la sua storia; ci sono padri di
famiglia, giovani ragazzi, laureati, artigiani, insegnanti, ecc., ma
tutti noi siamo arrivati in Italia per salvare le nostre vite. Abbiamo
conosciuto la guerra, la prigione, il conflitto in Libia, i talebani in
Afghanistan e in Pakistan. Abbiamo viaggiato, tanto, con ogni mezzo di
fortuna, a volte con le nostre stesse gambe; abbiamo lasciato le nostre
famiglie, i nostri figli, le nostre mogli, i nostri genitori, i nostri
amici, il lavoro, la casa, tutto. Non siamo venuti per fare male a
nessuno._

_In questi giorni abbiamo sentito dire molte cose su di noi: che
rubiamo, che stupriamo le donne, che siamo incivili, che alimentiamo il
degrado del quartiere dove viviamo. Queste parole ci fanno male, non
siamo venuti in Italia per creare problemi, né tantomeno per scontrarci
con gli italiani. A questi ultimi siamo veramente grati, tutti noi
ricordiamo e mai ci scorderemo quando siamo stati soccorsi in mare dalle
autorità italiane, quando abbiamo rischiato la nostra stessa vita in
cerca di un posto sicuro e libero. Siamo qui per costruire una nuova
vita, insieme agli italiani, immaginare con loro quali sono le
possibilità per affrontare i problemi della città uniti insieme e non
divisi. _

_È da tre giorni che viviamo nel panico, bersagliati e sotto attacco:
abbiamo ricevuto insulti, minacce, bombe carta. Siamo tornati da scuola
e ci siamo sentiti dire “negri di merda”; non capiamo onestamente
cosa abbiamo fatto per meritarci tutto ciò. Anche noi viviamo i
problemi del quartiere, esattamente come gli italiani; ma ora non
possiamo dormire, non viviamo più in pace, abbiamo paura per la nostra
vita. Non possiamo tornare nei nostri Paesi, dove rischiamo la vita, e
così non siamo messi in grado nemmeno di pensare al nostro futuro. _

_Vogliamo dire no alla strada senza uscita a cui porta il razzismo,
vogliamo parlare con la gente, confrontarci. Sappiamo bene, perché lo
abbiamo vissuto sulla nostra stessa pelle nei nostri Paesi, che la
violenza genera solo altra violenza. Vogliamo anche sapere chi è che ha
la responsabilità di difenderci? Il Comune di Roma,  le autorità
italiane, cosa stanno facendo? Speriamo che la polizia arresti e
identifichi chi ci tira le bombe. Se qualcuno di noi dovesse morire, chi
sarebbe il responsabile?_

_Non vogliamo continuare con la divisione tra italiani e stranieri.
Pensiamo che gli atti violenti di questi giorni siano un attacco non a
noi, ma alla comunità intera. Se il centro dove viviamo dovesse
chiudere, non sarebbe un danno solo per noi, ma per l’intero senso di
civiltà dell’Italia, per i diritti di tutti di poter vivere in
sicurezza ed in libertà. Il quartiere è di tutti e vogliamo vivere
realmente in pace con gli abitanti. Per questo motivo non vorremmo
andarcene e restare tutti uniti perché da quando viviamo qui ci
sentiamo come una grande famiglia che nessuno di noi vuole più perdere,
dopo aver perso già tutto quello che avevamo._

_F.to: I rifugiati del Centro Morandi di Tor Sapienza - Roma_

Infine una nota dell'Osservatorio sulla repressione, nota che chiarisce molte cose, ma per certi versi conferma ed allarga il concetto espresso dal titolo di questo post. Naturalmente imprecare contro la follia della folla non risolve i problemi reali che stanno alla base della protesta, ma può servire, in via preliminare, a non farsi coinvolgere nei riflessi condizionati che, appunto, governano questa follia.
I fatti di Tor Sapienza tra fascisterie e strane storie del Viminale 

·         Lunedì, 17 Novembre 2014 11:14        Osservatorio Repressione 

 

I fatti di Tor Sapienza tra fascisterie e strane storie del Viminale

Bisogna mandare indietro il tempo con calma (quasi un reloading di film),
fermare i fotogrammi e cogliere alcuni punti salienti per capire le vicende
di Tor Sapienza e prevederne gli sviluppi futuri. Altrimenti c’è un eccesso
di fatti e di commenti che fanno solo da cortina fumogena.

o    1) Per ammissione dello stesso organizzatore leader della cosiddetta
marcia delle periferie di Roma sabato 15 novembre Franco Perina, presidente
del Coordinamento azione operativa Ponte di Nona, uomo, diciamo, dalle note
simpatie di estrema destra, “Sono quattro mesi che stiamo organizzando
questo corteo”.

o    2) Si aggirano a Tor Sapienza da un paio di settimane noti personaggi
di estrema destra, estranei al quartiere, a parlottare nei bar e nei
crocchi; qualcuno giura di aver intravisto Lucarelli, il capo segreteria di
Alemanno, già di Forza Nuova.

o    3) Qualche giorno prima della marcia romana (i fascisti amano sempre
giocare a Roma con le marce tra ricordi, evocazione e minacce), avviene
l’assalto a Tor Sapienza del centro per l’accoglimento di rifugiati con un
forte sapore di connotazione xenofobica di Pogrom, con tanto di grida di
“Evviva il duce”; l’assalto con fatica viene represso dalla Polizia, colta
alla sprovvista.

o    4) Nel corso dell’infame gazzarra/pogrom ci sono varie decine di
incappucciati che attaccano la Polizia, massacrando il braccio di un agente
di PS (non abbiamo sentito stavolta le solite grida e i comunicati di quei
sindacati di Polizia che anche per una slogatura di un dito a un agente in
scontri coi Centri Sociali chiedono repressione e pene severissime: ma và?)
e danneggiando gravemente alcune auto; tra gli incappucciati sono presenti
spacciatori, ultrà e, naturalmente, fascisti.

o    5) La motivazione farlocca del Pogrom è stata raccontata come motivata
dai problemi che creano i minori rifugiati nel Centro di accoglienza di Tor
Sapienza. Chiunque conosce un minimo quel quartiere sa che i problemi, tra i
tanti, sono la mancanza del lavoro, la mancanza di socialità e i fiumi di
droga pesante che circolano. La droga, controllata dai cartelli narcos di
Roma Sud e Roma Est, è spacciata da pusher italiani e non, che vanno ben
d’amore e d’accordo: sicuramente non dai ragazzi rifugiati. Eppure nei
manifestanti di Tor Sapienza, neanche nelle cosiddette mamme che lanciavano
striduli slogan xenofobi a ripetizione, quasi che fossero stati imparati a
memoria, nessuno si avvede che i pusher di quartiere non vengono dal Centro
di accoglienza…anzi manifestano insieme con loro. Ma che anomalia!

o    6) La reazione della DIGOS e della Mobile il giorno successivo al
tentativo di Pogrom appare rigorosa a proteggere i ragazzi extracomunitari
rifugiati a Tor Sapienza. Eppure il giorno dopo Alfano avoca a sé la
vicenda, coi poteri di superpoliziotto che gli discendono dal recente
Decreto Legge sugli stadi (ancora non bene studiato purtroppo da molti
giuristi): si decide così di deportare i ragazzi via da Tor Sapienza. Anche
in questo caso il silenzio dei sindacati di Polizia è assordante! Non
dimentichiamo comunque che molti estremisti di destra romani di AN/PDL sono
confluiti verso il partitino di Alfano, anche se la maggior parte di costoro
sta oggi veleggiando verso la Lega Nazionale, auspici a Roma Casapound e
Borghezio.

o    7) Venerdì’ 14 Borghezio e Casapound tentano una manifestazione a Tor
Sapienza coi loro tricolori ostentati al vento. Non ci sono molti
manifestanti, ma un funzionario di PS con la fascia tricolore della
Repubblica impone lo stesso lo scioglimento dell’ assembramento, comunque
non autorizzato.

martedì 4 novembre 2014

Il mostro di Firenze a Brescia

Così una anonima "vox populi" , che non è la "vox dei", ma che qualche volta ci azzecca, diffusasi spontaneamente tra i partecipanti alla manifestazione popolare che ha accolta a Brescia il sempre più mussoliniano presidente del consiglio Matte Renzi, ha iperbolicamente bollato il pié veloce toscano. Anche stavolta il suo segreto è stata la velocità, con la quale si è dileguato attraverso la posta di servizio, dalla quale, alla maniera dei ladri, si era anche introdotto nella sede della fabbrica che non tollera il sindacato, la Palazzoli posta a nord-ovest della periferia bresciana.
Ad accoglierlo tre distinte iniziative: quella della FIOM-CGIL, quella del coordinamento intersindacale, al quale aveva aderito anche la federazione provinciale di Rifondazione Comunista, e quella del Magazzino 47, con annessa Radio Onda d'Urto e Collettivo Studenti in lotta.
Le tre iniziative sono state unificate d'imperio dalla Questura, che ha imposto un unico luogo ritrovo e manifestazione. L'imposizione della Questura lasciava presagire la "mossa vincente" di fare evitare all'uomo che ha nella testa i padroni e, dice lui, nel cuore gli operai, un incontro ravvicinato con questi ultimi, per non fargli rivivere, in forma presumibilmente pluriaggravata, lo shock di Bergamo. Per la verità il senso della mossa della questura - ammucchiare i protestatari davanti all'ingresso principale della fabbrica, e far entrare Renzi e gli industriali della confindustria bresciana dall'ingresso camionabile sul retro, che dà direttamente sulla bretella Urago-Stocchetta della tangenziale ovest di Brescia - era del tutto prevedibile e previsto. Il fatto stesso che non sia stata messa in atto nessuna contromossa (ad esempio un ammassamento "casuale" di persone presso l'area di servizio Agip, attigua a questo ingresso "segreto"), dimostra come non vi fosse da parte di nessuno l'intenzione di acuire il livello dello scontro.
Comunque le tre iniziative di contestazione a Renzi hanno convissuto in maniera tutto sommato civile, a parte qualche accesso di zelo e di sciovinismo cretino da parte di qualcuno. Neanche l'arrivo degli ultramovimentisti ha turbato eccessivamente la scena, a parte qualche manganellata "folcloristica" durata pochi secondi in due occasioni di contatto un po' troppo ravvicinato.
Fatto sta che al termine della manifestazione un folto gruppo di manifestanti - circa 450 reali, dice chi li ha contati alla partenza, decisamente troppi per essere "solo" quelli dell'area "Magazzino 47" rinforzata da tutte le componenti aderenti alla manifestazione dell'intersindacale - si è incamminato a piedi fino al centro della città, distante più di quattro chilometri.
Qui sotto è postato un breve filmato che restituisce l'atmosfera nell'area più "calda", appena fuori del cancello "residenziale" della Palazzoli, subito a fianco della zona dove la FIOM-CGIL stava tenendo il suo comizio. L'operatore non ha fatto in tempo a riprendere la prima manganellatura, pur avendovi assistito, e comincia immediatamente dopo. Come si può constatare non c'è stato nessun evento catastrofico, come si poteva pensare sentendo i telegiornali.