Questo ritardo nel commento alla sentenza di assoluzione deliberata da tribunale di Brescia il 15 novembre 2010 nei confronti del nuovo gruppo di accusati per la strage del 28 maggio 1974 (la terza assoluzione su tre processi) non è certo dovuta a disattenzione, quanto ad uno scorato "lo sapevamo già". Anche solo la mastodontica distanza dai fatti - trentasei anni - dice tutto sulle possibilità reali di giungere ad una sentenza di condanna, dopo che le tracce immediate della strage - le "pistole fumanti", come si dice in gergo - sono state in continuazione ed accuratamente oscurate, cancellate, sviate da quello stesso apparato che l'ha compiuta, o protetta, o appoggiata. Questo senza nulla togliere al meritorio ed ostinato lavoro di magistrati ed avvocati, da decenni impegnati per una sanzione giuridica di quella "verità politica" che in piazza Loggia era stata subito esplicitamente proclamata dalla "vox populi". Come ricorda Dino Greco, nell'editoriale di "Liberazione" del 18 novembre, il giorno stesso dei funerali, in piazza Loggia, di fronte alle massime autorità dello Stato, comparve appunto lo striscione che diceva "sappiamo chi è STATO".
Certamente, ora sappiamo infinitamente di più sui PARTICOLARI delle trame che hanno circondato la vita politica italiana di quegli anni, e la lezione potrebbe essere utile anche per l'oggi, anzi, forse ancora di più, nel momento in cui, senza aver apparentemente un "nemico" organico, il sistema capitalistico pare afflosciarsi su se stesso, ed in Italia si sta assistendo ad un drammatico valzer di attori spompati che pare non sappiamo più neanche loro quale sia il loro ruolo in commedia.
Ma, appunto, al di là degli aspetti farseschi fino al boccaccesco della commediola italiana, è la drammaticità della situazione reale - un tempo dicevamo "oggettiva" - che ci deve mettere in guardia: in questa situazione sono altissime le probabilità che i soliti "servizi deviati" mettano in campo qualche strumento di "guerra non convenzionale" per dirigere la situazione verso esiti compatibili con le esigenze di controllo sociale, politico e "militare" da parte dell'attuale quadro economico-sociale. Sarebbe utile che imparassimo a non reagire sempre agli eventi con reazioni del tipo "cane di Pavlov", ma che si tentasse sempre di "aderire" alla situazione reale, per sperare di individuare e decidere comportamenti politici davvero autonomi e non indotti dai nostri schemi automatici precostituiti. Come fecero appunto gli operai di Brescia, come ricorda sempre Dino Greco nell'articolo citato, quando giunsero addirittura ad elaborare la strategia dei "consigli di zona", "il più ambizioso tentativo operaio di proiettare all'esterno della fabbrica, nel territorio, nella società civile, quella carica egualitaria di rinnovamento e di partecipazione che aveva innervato le lotte di fabbrica". Tentativo operaio non a caso stroncato innanzitutto dall'operato congiunto dei vari apparati, anche sindacali.
In fondo, a commento della sentenza, ci pare di piena attualità quanto scritto su questo blog nella ricorrenza della strage lo scorso anno nel post intitolato "A chi è giovata la strage". E ad esso rimandiamo con questo link.
Certamente, ora sappiamo infinitamente di più sui PARTICOLARI delle trame che hanno circondato la vita politica italiana di quegli anni, e la lezione potrebbe essere utile anche per l'oggi, anzi, forse ancora di più, nel momento in cui, senza aver apparentemente un "nemico" organico, il sistema capitalistico pare afflosciarsi su se stesso, ed in Italia si sta assistendo ad un drammatico valzer di attori spompati che pare non sappiamo più neanche loro quale sia il loro ruolo in commedia.
Ma, appunto, al di là degli aspetti farseschi fino al boccaccesco della commediola italiana, è la drammaticità della situazione reale - un tempo dicevamo "oggettiva" - che ci deve mettere in guardia: in questa situazione sono altissime le probabilità che i soliti "servizi deviati" mettano in campo qualche strumento di "guerra non convenzionale" per dirigere la situazione verso esiti compatibili con le esigenze di controllo sociale, politico e "militare" da parte dell'attuale quadro economico-sociale. Sarebbe utile che imparassimo a non reagire sempre agli eventi con reazioni del tipo "cane di Pavlov", ma che si tentasse sempre di "aderire" alla situazione reale, per sperare di individuare e decidere comportamenti politici davvero autonomi e non indotti dai nostri schemi automatici precostituiti. Come fecero appunto gli operai di Brescia, come ricorda sempre Dino Greco nell'articolo citato, quando giunsero addirittura ad elaborare la strategia dei "consigli di zona", "il più ambizioso tentativo operaio di proiettare all'esterno della fabbrica, nel territorio, nella società civile, quella carica egualitaria di rinnovamento e di partecipazione che aveva innervato le lotte di fabbrica". Tentativo operaio non a caso stroncato innanzitutto dall'operato congiunto dei vari apparati, anche sindacali.
In fondo, a commento della sentenza, ci pare di piena attualità quanto scritto su questo blog nella ricorrenza della strage lo scorso anno nel post intitolato "A chi è giovata la strage". E ad esso rimandiamo con questo link.
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