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domenica 14 dicembre 2014

Ad un anno dal movimento dei forconi (#9dicembre 2013)

Sembrava la rivoluzione, invece non era neppure un calesse.

Tutti sembrano essersi dimenticati della agitazione di un anno fa. Meno questa compagna che, firmandosi, ha mandato in rete le sue riflessioni. Ma nessuno sembra essersi accorto neppure di questa puntualizzazione. Noi la pubblichiamo, ritenendo che questo contributo meriti di vivere un po' più a lungo del click che lo ha cancellato dalla "posta in arrivo"
SIAMO ITALIANI – un ricordo delle polemiche dell’anno scorso sui forconi
Ho custodito per un anno il volantino. Puoi anche non leggerlo e saltare al commento.
Si presenta così: sfondo bianco, quattro
fasce di colore rosso con scritte bianche, tutto il resto è scritto in nero.
Sulle fasce rosse possiamo leggere ”L’ITALIA SI FERMA”, “DAL 09 DICEMBRE 2013” (chissà perché hanno tenuto a quello zero davanti al nove!), “RIBELLARSI È UN DOVERE”, “COORDIAMENTO BRESCIA-MANTOVA. SEGUICI SU FACEBOOK: 9 dicembre coordinamento brescia mantova”;
in grande sul fondo, altezza tre centimetri: “SIAMO ITALIANI” e poi di seguito possiamo leggere ”CI HANNO ACCOMPAGNATI ALLA FAME; HANNO DISTRUTTO L’IDENTITA’DI UN PAESE; HANNO ANNIENTATO IL FUTURO DI INTERE GENERAZIONI, L’ITALIA CHE PRODUCE DI QUALSIASI SETTORE, L’ITALIA DEI DISOCCUPATI, DEI PRECARI, DEI GIOVANI, DEGLI STUDENTI, DEI PADRI, DELLE MADRI, DEI FIGLI E DI CHIUNQUE VOGLIA DIRE BASTA … QUESTA ITALIA SI RIBELLA E SCENDE NELLE STRADE E NELLE PIAZZE CONTRO IL FAR-WEST DELLA GLOBALIZZAZIONE CHE HA STERMINATO IL LAVORO DEGLI ITALIANI, CONTRO QUESTO MODELLO DI “EUROPA”, PER RIPRENDERCI LA SOVRANITA’ POPOLARE E MONETARIA, PER RIAPPROPRIARCI DELLA DEMOCRAZIA, PER IL RISPETTO DELLA COSTITUZIONE, CONTRO UN GOVERNO DI NOMINATI, PER DIFENDERE LA NOSTRA DIGNITÀ”
e per finire: “ Tu che sei italiano, che paghi le tasse, che vieni insultato perché italiano, tu che sei senza lavoro, tu malato che chiedi aiuto, tu studente che lotti per la tua scuola, tu madre di famiglia che non arrivi alla fine del mese, tu che rovisti negli avanzi del mercato per trovare cibo, tu commerciante imprenditore che ti stanno facendo chiudere, tu genitore che le banche ti hanno portato via la casa. Sì dico a te, il 9 dicembre vieni al nostro presidio per dire basta allo stato, ai politici, ai sindacati, a questo governo che ci ha tolto la dignità e l’onore, siamo tutti italiani riprendiamoci la nostra Italia.”
Fine
della trascrizione.
Ne scrivo perché fu
proprio allora, nel dicembre del 2013, che si evidenziarono a proposito di questa protesta, detta anche dei forconi, delle analisi di metodo e contenuti diametralmente opposte nel nostro variegato mondo di antagonisti al sistema neoliberista e dalle onde d’urto della nostra radio si ascoltava la lettura integrale degli editoriali di Infoaut.
Davide Grasso, redattore di Infoaut, animatore del centro sociale Askatasuna e delle lotte in Val di Susa scrisse un articolo dal suggestivo titolo “Anche Marx bloccherebbe le strade” cioè si metterebbe con questo popolo a protestare: un popolo, lo cito, di individui socialmente oppressi che vivono fra stadio e periferie dove sopravvive però la veracità e la sincerità dei rapporti umani, improntati al bene come al male; quartieri come luoghi dove ancora si pensa di potersi fidare di qualcuno, dove gli spazi di condensazione sociale sono il piccolo commercio: bar, panetterie, centri commerciali, negozi. Mentre le sedi dei partiti democratici o micro comunisti, no. Sorry! NO … 
Davide, per par condicio, puntò il dito anche sui centri sociali: se non chiedono la tessera, operano sovente una silenziosa, e perciò ancora più odiosa, selezione all’ingresso sulla base di codici culturali e del look. Perciò è meritevole secondo lui lo scorrere per settimane, assieme alle merci, del passaparola sul movimento#9D fatto da commercianti e mercatari, mentre la sinistra organizzata e/o di movimento è moribonda d’invidia per l’estensione e l’efficacia dei blocchi e delle proteste. 
Anche sull’estensione del movimento del 9 dicembre non riuscimmo ad essere d’accordo, per molti  numericamente irrisorio: sono quattro gatti con un buon battage pubblicitario ed anche a Torino sono lontani dai numeri di un qualsiasi movimento anche parziale del passato. Molta meno gente in  piazza di un comune sciopero nazionale di categoria, o studentesco mal  riuscito. Altri ne sottolinearono l’originalità che vale più dei numeri: finalmente un movimento che nasce e resta in periferia. 
Ma tornando all’articolo, la filippica continuava e puntava il dito contro la nostra mancanza di umiltà, la nostra presunzione e le nostre certezze sulla strategia rivoluzionaria che, sempre secondo noi, si può trovare solo nei classici della teoria materialista. Che dio ci fulmini!
Ancora pochi giorni fa quelli di Infoaut scrivevano che la nostra idea di movimento è l’eco semantica di un’espressione che si è cristallizzata nei decenni, proprietà gergale del micro - ceto sfigato dell’antidiluviano lascito delle “sinistre extraparlamentari” (anche quando fa proprio il richiamo a forme apparentemente diverse).
Da notar bene che le espressioni utilizzate dai movimentisti: partiti micro comunisti, micro ceto politico e vedi sopra, micro - ceto sfigato … insomma tutto queste accuse di microscopicità sono servite sul piatto delle relazioni da compagni che lavorano in organizzazioni ancora più micro … praticamente il cieco ride dell’orbo che vede poco!
Dunque? Mobilitiamoci, ci dicono, perché il movimento è ciò che si muove, che noi lo vediamo o no, che noi ci siamo o no. La sua direzione è l’oceano travagliato di chi appartiene alla nostra classe, sua meta è la cessazione della sua esistenza storica e via di questo passo… Praticamente questi giovani intellettuali della sinistra antagonista e movimentista, allergici ad ogni tipo di organizzazione partitica, ma poi di fatto organizzati come micro partitini pure loro, traducono una possibilità di cambiamento reale del “ribellarsi è giusto” nell'assoluta certezza che ciò possa accadere, anzi che stia già accadendo e chi non ci crede è un marrano; forse perché l’accelerazione del tempo è divenuto tratto caratterizzante della modernità? E forse perché confondono il bisogno di violenza con la violenza del bisogno?
Davide se la prendeva anche con il quadro di Pellizza da Volpedo che definisce orribile perché i proletari sono letteralmente un esercito di piccoli Gesù Cristo che lavorano e abitano nello stesso luogo e per lo stesso padrone, accomunati, oltre che dalle condizioni sociali, da un unico, rassicurante, statuto giuridico. E noi non ci siamo nemmeno accorti che il proletariato non è più quello e ignoriamo la volontà di liberazione di chi non si veste più nello stesso modo, non fa più lo stesso lavoro, non ha più un solo padrone, ma spesso lavora come finta partita iva che ha ancora per nemici quelli di sinistra contrari ai blocchi stradali dei forconi …
Perciò ci invita ad essere materialisti davvero e ad abbandonare l’antico pregiudizio secondo cui il regno della libertà sarebbe un’ideologia alla quale il mondo dovrebbe conformarsi, anziché qualcosa che i movimenti reali potranno contribuire a configurare … dimentica Davide Grasso, che per altro ammiro tantissimo per la sua militanza attiva fatta di lotta dura e pura, che l’ideologia è soltanto il riflesso e non la forma dell’economia, dunque noi materialisti storici non abbiamo un’ideologia da calare dall’alto ma una conoscenza dei processi storici e delle ragioni del capitale che formano la nostra coscienza critica che, anche se non lo volessimo, ci serve come un metal detector per capire sia il movimento dei forconi che il Movimento 5 stelle per quel che sono. 
Tiro in ballo il partito di Grillo perché nel suo articolo ci accusa di reagire alla sua vittoria insultandolo. A dir la verità noi ci siamo attivati anche prima del suo successo elettorale avendo capito in anticipo ciò che sembra finalmente non sfuggire oggi ai più e cioè che il Movimento 5 stelle nonostante la nomina di centinaia di parlamentari non è riuscito a incidere in nulla sullo sfacelo del nostro paese e non essendo né di destra né di sinistra per noi è sicuramente di destra, tant'è che un bel po’ di sui voti andranno alle prossime elezioni nelle tasche di Salvini che come scusa per le stronzate che dice non tira fuori che scherza come fa, nei momenti di difficoltà mediatica, il comico prestato alla politica Grillo!!!
E qui secondo me casca l’asino … I movimenti reali, magari in opposizione al sistema in movimento di gramsciana memoria, possono spezzare i vincoli che la società nel suo sviluppo ha sacralizzato? Noi pensiamo davvero che i movimenti reali contengano già la loro trasformazione in un progetto di società alternativa all’esistente? Quanto le lotte modellano e trasformano il livello di coscienza di chi vi prende parte? Basta la protesta, la sollevazione, la rivolta, la sommossa a far sì che il popolo, termine che amano anche i nuovi antagonisti, mentre io lo aborro, riesca a spezzare le proprie catene?
Noi portiamo il nostro tempo appreso nel pensiero, possiamo allora balzare oltre il nostro tempo? Possiamo dunque distanziarci dall'universo concettuale della nostra epoca? Marx pensa di sì, scrisse nei Grundrisse “La società borghese, basata sullo scambio di valore, genera rapporti di produzione e circolazione che rappresentano altrettante mine per farla esplodere. Esse sono una massa di forme che si oppongono alla unità sociale, il cui carattere antagonistico non potrà mai essere eliminato attraverso una pacifica metamorfosi. D’altra parte, se noi non potessimo già scorgere nascoste in questa società – così come è – le condizioni materiali di produzione e di relazioni fra gli uomini, corrispondenti ad una società senza classi, ogni sforzo per farla saltare sarebbe donchisciottesco” - peccato che la società dello spettacolo sia riuscita a disinnescare alcune di queste mine.
Non possiamo però dimenticare anche un’altra famosissima frase di Marx “Non è la coscienza degli uomini che determina il loro essere, ma è al contrario il loro essere sociale che determina la loro coscienza”. I proletari devono essere dunque rivelati a loro stessi, perché senza la coscienza non c’è il soggetto, senza il soggetto non è pensabile la prassi trasformatrice … naturalmente è Gramsci che ce lo spiega; e senza una cultura di classe non è possibile essere coscienti di sé e della realtà, quindi al forcone di turno è preclusa ogni azione efficace, in grado di trasformare la società. Critica vuol dire cultura, dunque non può esistere uno sviluppo spontaneo dell’autocoscienza. 
“Rivelare i proletari a loro stessi” ecco il compito dei rivoluzionari. Perciò la critica se critica ci deve essere è quella, e la sottoscrivo, di aver abbandonato il terreno degli umili, quel terreno che avrebbe bisogno di avanguardie pronte al lavoro culturale di base per spiegare allo sfruttato lo sfruttamento capitalista, pronte a lavorare per la classe; ed invece abbiamo tante intelligenze che se la menano sui blog per spiegare quanto Hegel c’è in Marx, tanti finti militanti che in realtà sono intellettuali snob che analizzano i fenomeni sociali alla ricerca di quelli che convalidano le loro prese di posizione all’interno di dibattiti sottili ed inutili fra cervelloni presuntuosi che non si impegnano mai per il raggiungimento di una consapevolezza, di una distinzione, di una individuazione del fine storico che deve informare l’azione degli oppressi, degli sfruttati: per la creazione della nostra storia, per l’edificazione della nostra città.
E a questo punto, per ritornare all’articolo di Davide Grasso, nessuna commozione per il quartierino di turno, il centro commerciale con le sue guardie giurate pronte per un piccolo furto a chiamare la polizia che ti appioppa una denuncia per furto aggravato, nessuna commozione per lo stadio dove la socialità passa attraverso la creazione del nemico da menare, uno che guarda caso ti assomiglia in tutto e per tutto.
Un operaio, ma a questo punto anche una partita iva o un precario di qualsiasi contratto è proletario quando “sa” di essere tale e opera e pensa secondo questo suo sapere. Perciò le parole d’ordine dei forconi non ci commuovono perché leggiamo senza fatica che non ci si solleva perché sfruttati, ma perché italiani impoveriti e le parole d’ordine sono l’appartenenza nazionale, l’umiliazione, l’onore, l’identità, e la dignità in quanto italiani. Questo ciarpame, questa accozzaglia di sentimenti nostalgici si definisce anche “qualunquismo interclassista e patriottardo”. Chi ha orecchie ed occhi per intendere intende!
Se a questo popolo italico in sofferenza autentica si offrisse l’uscita dalla crisi attraverso una guerra che si svolga lontana dai sacri confini, questi che ora protestano perché non arrivano alla fine del mese, troverebbero nella guerra la difesa della loro dignità, sta già accadendo con le missioni di “pace” nei territori più caldi del pianeta, missioni che assicurano affari d’oro al capitalismo nostrano.
Di quanto si accontenteranno loro, i forconi, per dir di star meglio e tornare alle loro tiepide case mentre altri al loro posto saranno costretti a subire maggiormente questo sistema ingiusto e crudele? Cosa me ne faccio io di una protesta che sposta solo più in là il problema dello sfruttamento? Perché dovrei sostenere l’egoismo proprietario del solo italiano quando per me è l’umanità tutta che deve uscire dal giogo del capitale?
Questo io lo chiamo il movimento del “fatti più in là, tu … tu … tu … Tu che la testa mi fai girar” che qui ci siamo noi italiani …
Se la legge dello sviluppo ineguale vale anche per sistemi diversi da quello capitalista a maggior ragione non è un cambiamento qualsiasi che ci potrà salvare dalla divisione fra sfruttati e sfruttatori, ma un certo tipo di cambiamento e cioè quello che vede abolita la proprietà privata dei mezzi di produzione - non certo di un’auto o di un appartamento -, che caratterizza ormai da secoli lo sfruttamento capitalista e non penso sia nell'agenda del movimento dei forconi.
Per questo sono così amareggiata al ricordo dalle discussioni intercorse l’anno scorso, per questo scrivo: perché giovani militanti dei centri sociali sembrano nelle loro analisi  “irrequieti spiriti avidi di novità purchessia” definizione di Gramsci in “Lo sviluppo della rivoluzione” del 1919, questa irrequietezza viene anche più pesantemente definita da altri supponenza, autoreferenzialità, e saccente ignoranza.
Padroncini dei subappalti e loro operai, con proteste obbligatorie che poi son recuperate lavorando il sabato, evasori che chiedono meno tasse, autotrasportatori, artigiani, disoccupati, finte partite iva, tutti soggetti di classe subalterni: ceto medio impoverito, variamente strumentalizzati da destra, perché la sinistra e i sindacati li avrebbero sempre ignorati preferendogli i salariati, possono diventare un soggetto rivoluzionario? No, perché in effetti loro come ormai la stragrande maggioranza dei salariati italiani, senza coscienza di classe, desiderano ardentemente stare all'interno della macchina del consumo, vogliono un capitalismo come quello nel quale nuotavano fino ad ieri e che ora non c’è più. Vogliono essere padroni a casa loro e fuori il nemico interno: gli immigrati. Non per niente il Salvini prossimo venturo avrà un mare di voti che gli serviranno solo per togliere il poco che resta al concetto di eguaglianza fra gli esseri umani, attraverso il forcone della cittadinanza. Perciò per dissolvere questo prodromo di “rivoluzione” basterà un cambiamento di congiuntura, un po’ di Pil in più, forse un poco più degli ottanta euro di Renzi.
Li possiamo noi lasciare alla destra che raccoglie quello che la sinistra ha seminato, destra come ultimo contenitore dopo tutti i contenitori da cui sono transitati? Questo si chiedevano tanti opinionisti l’anno scorso … 
Rispondo con le parole di una mia mail di quei giorni se davvero vuoi sporcarti le mani nelle contraddizioni del presente devi mettere in campo il regno delle "possibilità", è un regno tutto in salita e quando si arriva in cima non si trova magari nulla di quello che si cercava, ma guardandosi indietro ci si scopre soli e affaticati, diceva Sartre che l'inferno sono gli altri, e gli altri che abbiamo più vicino non sono da disprezzare ma da comprendere. Ma come si può capire il mondo di quelli che come scrive Bertolt Brecht "non vogliono essere oppressi, vogliono opprimere. Non vogliono il progresso, vogliono il vantaggio e sono obbedienti a chiunque prometta loro il comando e son pronti magari a sacrificarsi affinché resti la pietra sacrificale" e  non mettersi in relazione stretta con i compagni, quelli a te più vicini? … Perciò penso che non sia poi male cercare di legare prima fra di noi e poi forti di questo “noi” andare insieme in salita…
Eugenia Foddai
Per finire, se qualcuno ha voglia, può leggere qui quanto scriveva Paolo Ferrero il 16 dicembre 2013, in "medias res" - nel mezzo degli eventi. Nel suo scritto si deve distinguere bene il tentativo di analisi (la prima parte dello scritto) e la proposta politica (seconda parte). È comunque impressionante, al di là delle analisi, l'analogia tra la situazione attuale e quella di inizio '900, con tanto di bottegai inferociti e di partiti di sinistra imbracati. Allora sappiamo come è andata a finire. Ovviamente le diversità sono enormi. Ma anche oggi, come allora, siamo alle prese con la "quarta sponda", la sempiterna Libia, alla quale Renzi mostra di guardare con occhi voraci.