I Sinti di via Orzinuovi, a Brescia, vivono da generazioni nella città e in Lombardia.
Quattro anni fa l’amministrazione di centrosinistra portò loro una proposta apparentemente allettante: vi spostiamo di 300 metri, per pochi mesi avrete disagi e verrete privati delle fognature, ma poi vi saranno consegnate casette dotate di ogni comfort, costruite con finanziamento regionale. Una volta costruite le casette, l’amministrazione comunale, con la scusa di pregressi debiti con l’azienda elettrica, congelò la consegna delle nuove abitazioni.
Nel maggio 2008 il centro destra vinse le elezioni, e subito si diede da fare per realizzare il programma sbandierato in campagna elettorale: Brescia entro due anni avrebbe dovuto essere “zigeunerfrei”, liberata dalla presenza degli zingari. Alcuni insediamenti rom furono così smantellati. Rimane memorabile l'osceno brindisi del vicesindaco Rolfi e di altri dirigenti leghisti sulle macerie delle baracche abbattute.
Per quanto riguarda i Sinti bresciani la giunta leghista tolse definitivamente ogni prospettiva di accesso alle casette cambiandone la destinazione d’uso. Contemporaneamente iniziò un forte pressing sui SInti affinché se ne andassero dal territorio comunale. Fu istituito un tavolo di trattative presso la prefettura ,e dopo mesi di incontri sembrò realizzarsi una soluzione accettabile: una microarea per una famiglia allargata nel comune di Guidizzolo (Mn), acquistata dall’immobiliare del comune e rivenduta ai Sinti con un mutuo. Come era prevedibile, mentre la Lega di Brescia spingeva per farli uscire, quella di Guidizzolo ergeva barricate contro i Sinti in arrivo, fino a vietare case mobili nell’area fabbricabile a loro destinata. Risultato: tutto azzerato con l’ennesima truffa di circa tremila euro già versati dalle famiglie come caparra e mai restituiti.
Il 24 settembre 2010 il consiglio comunale, con votazione bipartisan (un solo voto contrario, quello della consigliera di sinistra arcobaleno, e l’astensione di un consigliere PD), delibera che il campo sinti di via Orzinuovi venga chiuso entro l’agosto 2011. La deliberazione non contiene alcuna indicazione sul destino degli abitanti del campo, e lascia quindi carta bianca alla Giunta leghista su come procedere.
Dopo un mese ai Sinti viene sottoposto un sedicente “patto di cittadinanza, che in sostanza è una accettazione incondizionata della volontà del comune di allontanare dal campo tutti i Sinti. Vale la pena di leggerne un paio di passi :
- Cominciamo dallo stesso nome del documento “PATTO DI CITTADINANZA” come se i Sinti, a Brescia e in Lombardia da sei secoli, fossero dei marziani da sottoporre a condizioni per acquisire i diritti di cittadinanza.
- La premessa del Patto così recita “si prevede che […]. il Comune proceda alla chiusura del campo di via Orzinuovi per fronteggiare la situazione di precarietà e di degrado di alcune zone della città e la diffusa percezione di insicurezza e frustrazione di molti abitanti…”[ ]in altre parole il comune di Brescia decide di chiudere il campo dei Sinti e di cacciarli tutti perché costituiscono motivo di insicurezza, degrado e precarietà per i quartieri della città. Un bel complimento non c’è che dire. La ciliegina sulla torta razzista arriva però all’articolo 1 del patto dove si legge testualmente “le premesse sono parte integrante del presente accordo”. Vale a dire che i Sinti, nel sottoscrivere il “patto di cittadinanza”, hanno convenuto che loro stessi sono fonte di insicurezza e degrado per la città.
Nel patto sottoscritto viene stabilito che i Sinti dovranno andarsene, a partire da febbraio, entro l'agosto 2011. A fine di dicembre gli emissari del comune intimano a tre famiglie di uscire dal perimetro che delimita il campo di via Orzinuovi, in attesa del loro definitivo trasferimento nell’area di via Borgosatollo, abitata dai rom Kosovari – vittime a loro volta, nel 1999, della pulizia etnica attuata dagli albanesi con la protezione della cosiddetta “comunità internazionale”, con l'Italia del bombardatore D'Alema in prima fila, e poi truffati dalle precedenti amministrazioni di centro-sinistra con la promessa di poter usufruire per trenta anni dell'area loro destinata, dietro versamento di una cifra complessiva di forse centomila euro. Almeno essi hanno pubblicamente sostenuto questo, anche se di questo accordo e di questi versamenti essi non posseggono documentazione scritta.
Le tre famiglie sinte destinate all' “esilio”, però, non vogliono e non possono uscire dal recinto del campo, e sostare sia pur provvisoriamente all'esterno, in una zona dove non ci sono allacciamenti elettrici adeguati: l’elettricità è indispensabile per alimentare respiratori artificiali per due bambini del campo, uno di 15 mesi e l'altro di 6 mesi, affetti da gravi patologie cardio-respiratorie. Ed uno di essi appartiene per l'appunto ad una della famiglie "espulse".
Il vicesindaco Rolfi (leghista) però non sente ragioni, ed il 13 febbraio intima alle tre famiglie di lasciare il campo entro le 18, pena il taglio dell’elettricità a tutti gli abitanti dell’area (più di 100 persone). Le famiglie colpite dal bando non si spostano ed alle 19,30 scatta la punizione: l’intero campo piomba nel buio.
Dopo pochi minuti i due bambini, privati dell'ausilio delle macchine, danno forti segni di difficoltà respiratoria, ed il più piccolo viene ricoverato urgentemente in ospedale .
La risposta dei sinti è un misto di esasperazione e rabbia. Sulla strada statale che costeggia il campo danno fuoco ad alcune loro roulotte, il traffico viene bloccato, i vigili del fuoco impiegano più di due ore per domare le fiamme. Il giorno dopo il vicesindaco, sostenuto nelle sue gesta da giunta e Sindaco, insulta i Sinti, accusandoli di strumentalizzare i bambini ammalati.
Di fronte alle varie manifestazioni di solidarietà ed all'intervento della stampa e della televisione nazionali, la giunta comunale sembra voler abbandonare gli atteggiamenti muscolari. Ma è solo apparenza: dall’inizio di febbario infatti, con un tempismo paradossale, proprio mentre si dava inizio alle procedure di evacuazione del campo, i tecnici comunali avevano finalmente completato la realizzazione di un blocco di sei bagni, che però sono ancora recintati e chiusi con divieto di utilizzo.
E qui c’è il nuovo ricatto: i bagni verranno resi disponibili alla comunità solo quando le famiglie bandite se ne saranno andate. Nell’attesa i servizi igienici restano all’aperto fra arbusti e alberi, i bambini sinti continuano ad essere in pericolo grazie alla pedagogia di stile nazista della giunta di Brescia, supportata nei fatti da quasi tutta l’opposizione che ha votato per la chiusura del campo e che fa a gara con la Lega su chi è più efficiente a ripulire Brescia dagli «Zingari».
Quattro anni fa l’amministrazione di centrosinistra portò loro una proposta apparentemente allettante: vi spostiamo di 300 metri, per pochi mesi avrete disagi e verrete privati delle fognature, ma poi vi saranno consegnate casette dotate di ogni comfort, costruite con finanziamento regionale. Una volta costruite le casette, l’amministrazione comunale, con la scusa di pregressi debiti con l’azienda elettrica, congelò la consegna delle nuove abitazioni.
Nel maggio 2008 il centro destra vinse le elezioni, e subito si diede da fare per realizzare il programma sbandierato in campagna elettorale: Brescia entro due anni avrebbe dovuto essere “zigeunerfrei”, liberata dalla presenza degli zingari. Alcuni insediamenti rom furono così smantellati. Rimane memorabile l'osceno brindisi del vicesindaco Rolfi e di altri dirigenti leghisti sulle macerie delle baracche abbattute.
Per quanto riguarda i Sinti bresciani la giunta leghista tolse definitivamente ogni prospettiva di accesso alle casette cambiandone la destinazione d’uso. Contemporaneamente iniziò un forte pressing sui SInti affinché se ne andassero dal territorio comunale. Fu istituito un tavolo di trattative presso la prefettura ,e dopo mesi di incontri sembrò realizzarsi una soluzione accettabile: una microarea per una famiglia allargata nel comune di Guidizzolo (Mn), acquistata dall’immobiliare del comune e rivenduta ai Sinti con un mutuo. Come era prevedibile, mentre la Lega di Brescia spingeva per farli uscire, quella di Guidizzolo ergeva barricate contro i Sinti in arrivo, fino a vietare case mobili nell’area fabbricabile a loro destinata. Risultato: tutto azzerato con l’ennesima truffa di circa tremila euro già versati dalle famiglie come caparra e mai restituiti.
Il 24 settembre 2010 il consiglio comunale, con votazione bipartisan (un solo voto contrario, quello della consigliera di sinistra arcobaleno, e l’astensione di un consigliere PD), delibera che il campo sinti di via Orzinuovi venga chiuso entro l’agosto 2011. La deliberazione non contiene alcuna indicazione sul destino degli abitanti del campo, e lascia quindi carta bianca alla Giunta leghista su come procedere.
Dopo un mese ai Sinti viene sottoposto un sedicente “patto di cittadinanza, che in sostanza è una accettazione incondizionata della volontà del comune di allontanare dal campo tutti i Sinti. Vale la pena di leggerne un paio di passi :
- Cominciamo dallo stesso nome del documento “PATTO DI CITTADINANZA” come se i Sinti, a Brescia e in Lombardia da sei secoli, fossero dei marziani da sottoporre a condizioni per acquisire i diritti di cittadinanza.
- La premessa del Patto così recita “si prevede che […]. il Comune proceda alla chiusura del campo di via Orzinuovi per fronteggiare la situazione di precarietà e di degrado di alcune zone della città e la diffusa percezione di insicurezza e frustrazione di molti abitanti…”[ ]in altre parole il comune di Brescia decide di chiudere il campo dei Sinti e di cacciarli tutti perché costituiscono motivo di insicurezza, degrado e precarietà per i quartieri della città. Un bel complimento non c’è che dire. La ciliegina sulla torta razzista arriva però all’articolo 1 del patto dove si legge testualmente “le premesse sono parte integrante del presente accordo”. Vale a dire che i Sinti, nel sottoscrivere il “patto di cittadinanza”, hanno convenuto che loro stessi sono fonte di insicurezza e degrado per la città.
Nel patto sottoscritto viene stabilito che i Sinti dovranno andarsene, a partire da febbraio, entro l'agosto 2011. A fine di dicembre gli emissari del comune intimano a tre famiglie di uscire dal perimetro che delimita il campo di via Orzinuovi, in attesa del loro definitivo trasferimento nell’area di via Borgosatollo, abitata dai rom Kosovari – vittime a loro volta, nel 1999, della pulizia etnica attuata dagli albanesi con la protezione della cosiddetta “comunità internazionale”, con l'Italia del bombardatore D'Alema in prima fila, e poi truffati dalle precedenti amministrazioni di centro-sinistra con la promessa di poter usufruire per trenta anni dell'area loro destinata, dietro versamento di una cifra complessiva di forse centomila euro. Almeno essi hanno pubblicamente sostenuto questo, anche se di questo accordo e di questi versamenti essi non posseggono documentazione scritta.
Le tre famiglie sinte destinate all' “esilio”, però, non vogliono e non possono uscire dal recinto del campo, e sostare sia pur provvisoriamente all'esterno, in una zona dove non ci sono allacciamenti elettrici adeguati: l’elettricità è indispensabile per alimentare respiratori artificiali per due bambini del campo, uno di 15 mesi e l'altro di 6 mesi, affetti da gravi patologie cardio-respiratorie. Ed uno di essi appartiene per l'appunto ad una della famiglie "espulse".
Il vicesindaco Rolfi (leghista) però non sente ragioni, ed il 13 febbraio intima alle tre famiglie di lasciare il campo entro le 18, pena il taglio dell’elettricità a tutti gli abitanti dell’area (più di 100 persone). Le famiglie colpite dal bando non si spostano ed alle 19,30 scatta la punizione: l’intero campo piomba nel buio.
Dopo pochi minuti i due bambini, privati dell'ausilio delle macchine, danno forti segni di difficoltà respiratoria, ed il più piccolo viene ricoverato urgentemente in ospedale .
La risposta dei sinti è un misto di esasperazione e rabbia. Sulla strada statale che costeggia il campo danno fuoco ad alcune loro roulotte, il traffico viene bloccato, i vigili del fuoco impiegano più di due ore per domare le fiamme. Il giorno dopo il vicesindaco, sostenuto nelle sue gesta da giunta e Sindaco, insulta i Sinti, accusandoli di strumentalizzare i bambini ammalati.
Di fronte alle varie manifestazioni di solidarietà ed all'intervento della stampa e della televisione nazionali, la giunta comunale sembra voler abbandonare gli atteggiamenti muscolari. Ma è solo apparenza: dall’inizio di febbario infatti, con un tempismo paradossale, proprio mentre si dava inizio alle procedure di evacuazione del campo, i tecnici comunali avevano finalmente completato la realizzazione di un blocco di sei bagni, che però sono ancora recintati e chiusi con divieto di utilizzo.
E qui c’è il nuovo ricatto: i bagni verranno resi disponibili alla comunità solo quando le famiglie bandite se ne saranno andate. Nell’attesa i servizi igienici restano all’aperto fra arbusti e alberi, i bambini sinti continuano ad essere in pericolo grazie alla pedagogia di stile nazista della giunta di Brescia, supportata nei fatti da quasi tutta l’opposizione che ha votato per la chiusura del campo e che fa a gara con la Lega su chi è più efficiente a ripulire Brescia dagli «Zingari».
Rielaborazione non autorizzata di un contributo di Luigino Beltrami. La redazione del blog è dunque responsabile del contenuto sopra esposto.
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