Al Prefetto della provincia di Brescia
e p.c.
Al Questore di Brescia
Al Sindaco di Brescia
Siamo un gruppo di cittadine e cittadini, donne e uomini, aderenti e non ad associazioni e partiti, che a vario titolo hanno partecipato alle mobilitazioni dei migranti del recente passato a Brescia, o che semplicemente condividono la legittimità della richiesta di riconoscimento dei diritti umani fondamentali che quelle lotte implicitamente ed esplicitamente avanzavano. Ci siamo costituiti nel “Forum antirazzista – Il cuore di luce, la gru, la città”.
Con la presente istanza intendiamo sottoporre alla sua attenzione la situazione, di certo a lei nota, di grave disagio alla quale sono sottoposti i migranti rimasti “impigliati” nelle ambiguità e nella scarsa trasparenza delle procedure previste dalla Legge 3 agosto 2009, n. 102, nota come sanatoria colf e badanti 2009, disagio nella loro condizione esistenziale sempre più acuto, nonostante l'evoluzione nettamente favorevole del quadro legislativo e giurisprudenziale.
È pure noto che l'applicazione rigida della legge stessa, anche nei confronti di chi non avesse subito intoppi più gravi, comportava per i richiedenti, provenienti, ricordiamolo, da una condizione che la legislazione italiana aveva, immediatamente prima, codificato come reato penale, l'emersione forzata dalla “clandestinità”, tramite una vera e propria autodenuncia. Essi, dal momento della richiesta, venivano immessi in una condizione indefinita, che è durata dal momento della presentazione dell’istanza di emersione (settembre 2009) fino alla data di convocazione (anche dopo un anno e mezzo). Gli stranieri in attesa di perfezionare il procedimento si sono trovati in questo limbo senza garanzie, una condizione in cui è impossibile iscriversi al Servizio Sanitario nazionale, impossibile uscire dall'Italia e rientrarvi; impossibile, in caso di licenziamento, iniziare una nuova attività lavorativa; impossibile il riconoscimento dei pagamenti contributivi effettuati fino ad allora dal datore di lavoro; impossibile l’accesso ad alcuni diritti essenziali nel lavoro, quali la malattia, l’infortunio, le ferie.
Mantenere in questa condizione coloro che hanno fatto ricorso contro il rigetto della loro domanda da parte delle autorità amministrative significherebbe quindi protrarre la loro "attesa" nel girone degli "aspiranti regolarizzati" per ancora lungo tempo.
Ora, rispetto alla evoluzione positiva del quadro giuridico in cui si colloca la poszione di queste persone, si deve ricordare da un lato il decorrere del termine (il 24 dicembre 2010) per il recepimento della Direttiva del Parlamento e del Consiglio Europeo del 16 dicembre 2008 n. 2008/115/CE (recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare). Questo fatto ha indotto, ad esempio, la procura di Brescia ad esprimere pubblicamente il proprio orientamento contrario a dare ulteriormente corso al perseguimento di reati, che in base a tale direttiva non sono più tali. Dall'altro lato la nota sentenza del Consiglio di Stato del 25 febbraio 2011 ha accolto la richiesta di sospensione cautelare del provvedimento amministrativo di rigetto della domanda di emersione dal lavoro irregolare, in considerazione della gravità del danno subito dai soggetti interessati.
Ora la questione che si pone alla S. V. nello specifico è esattamente questa: quali sono i provvedimenti che il suo ufficio intende assumere, affinché le persone in attesa possano uscire da quella condizione di grave danno alla loro situazione personale, alla quale l'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato fa riferimento?
A tale riguardo è contraria alle motivazioni della sentenza cautelare del Consiglio di Stato la prassi, adottata in Italia da alcune Prefetture e Questure, di ritenere ancora pendente la domanda di emersione, lasciando in questo modo gli stranieri in un regime di non espellibilità, in attesa dell’eventuale convocazione, che però potrebbe arrivare solamente dopo le pronunce di merito dei giudici amministrativi; prolungando in tal modo quella condizione di “limbo” alla quale si faceva riferimento più sopra.
Inoltre la suddetta prassi, lasciando senza nessuna copertura esplicita formale – leggi “pezzo di carta” - le singole persone, le lascerebbe ancora completamente esposte all'arbitrio di comportamenti difformi tra le diverse figure di “pubblici ufficiali”, con diversa dipendenza gerarchica, la quale a volte comporta un potente condizionamento da parte dell'orientamento della autorità politica locale. Da quanto ci risulta non stiamo parlando di possibilità teoriche, ma di dati di fatto non infrequenti, in cui la difformità di comportamenti lede il principio costituzionale generale della unità giuridica in senso ampio, e della parità dei diritti, principi generali della nostra Costituzione che nessuna autorità locale può violare.
A noi pare che la soluzione più adatta e sensata potrebbe essere quella di concedere a chi si trova in attesa del giudizio di merito, un permesso di soggiorno temporaneo per motivi di lavoro, valido fino all’esito del ricorso, o, quantomeno un permesso di soggiorno per motivi di giustizia che permetta lo svolgimento dell’attività lavorativa.
Sicuri del suo interessamento, voglia gradire i nostri distinti saluti.
Brescia, 01/04/2011
Il Forum antirazzista – Il cuore di luce, la gru, la città
c/o Via Cassala 34
25126 BRESCIA tel. 3456528718
Sottoscrivono
Beatrice De La Vega, Agnese Micheletti, Ave Giangrossi, Mario Gritti, Massimo Ciampolini, Laura Alghisi, Marina Corti, Marco Fenaroli, Gisella Bottoli, Francesca Cherubini, Luciana Sossi;
Donatella Albini, consigliera comunale di Brescia per il Gruppo Arcobaleno;
il Centro Sociale 28 maggio di Rovato;
le Brigate Solidarietà Attiva;
i Cobas;
la segreteria della Cgil;
Pdci;
Prc;
Federazione della Sinistra;
Prc;
Federazione della Sinistra;
Psi
SEL
Qui sotto alcune immagini e rumori della protesta dei migranti il 5 febbraio 2011, dopo la risposta di totale chiusura da parte della Prefettura.
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