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domenica 15 febbraio 2015

Una tempesta in un bicchiere d'acqua?

A scoppio ritardato, dovuto in gran parte allo scrupolo di fare una attenta verifica sui fatti, pubblichiamo qui la presa di posizione di Rifondazione Comunista di Brescia sugli strascichi successivi alla manifestazione di Cremona del 24 gennaio, convocata dal Centro Sociale Dordoni come manifestazione nazionale antifascista, e nello specifico contro Casapound, a seguito del vero e proprio agguato ordito da questa organizzazione contro il Dordoni; agguato culminato con il massacro perpetrato contro Emilio Visigalli, storico militante del centro sociale. Non serve ricordare come Casapound sia a tutto tondo ed esplicitamente una formazione neonazista che da tempo riempie le cronache nazionali e cremonesi con le sue malefatte, tanto che non si capisce come gli sia consentita l'agibilità politica a scorno della Costituzione repubblicana e in disobbedienza alle leggi che ne dovrebbero garantire il carattere antifascista.
Si suppone che tutti i lettori di questo blog conoscano già i fatti all'origine della manifestazione, che rinfreschiamo narrandoli secondo la versione corrente, riportata dalla stampa con varianti poco rilevanti:
Innanzitutto occorre conoscere la geografia della scena: lo stadio di Cremona ed il Centro sociale Dordoni sorgono a pochissima distanza l'uno dall'altro. Praticamente si "vedono". La miccia dell'episodio è da cercare appunto nello stadio, più precisamente nelle "curve", che sono molte volte all'origine di scontri e "confrontazioni", di solito con la polizia, o con tifoserie avversarie, a volte con lo sfondo di "appartenenze" politiche o presunte tali. Lo stesso avviene a Cremona. Nonostante le smentite degli "ultra" organizzati, sembra che in effetti allo stadio, durante la partita di domenica 18 gennaio, i compagni del Dordoni avessero notate presenze inquietanti, e che, proprio per questo, a fine partita alcuni militanti del centro sociale erano rimasti all'interno dell'edificio del Dordoni a presidiarlo, come misura preventiva.
Ad un certo punto i militanti rimasti nell'edificio si sono resi conto che all'esterno qualcuno stava armeggiando in maniera sospetta. Sono usciti ed hanno notato alcuni individui che stavano danneggiando le centraline di derivazione elettrica che alimentano il centro sociale. I compagni li hanno affrontati, e a questo punto sono sbucati i fascisti in agguato, chi dice quaranta, chi dice sessanta, che hanno aggredito i pochi compagni del centro sociale, infierendo in particolare a calci e bastonate in testa sul compagno Emilio, rieducandolo in fin di vita.
E dunque la manifestazione nazionale, alla quale ha aderito ufficialmente anche Rifondazione Comunista  con un comunicato congiunto, già pubblicato su questo blog.
Oggettivamente la manifestazione ha avuto un andamento assurdo, al di là di ogni valutazione di merito, perché è stata un non-manifestazione. Infatti, rispetto al percorso "ufficiale", presumibilmente concordato con la questura ed apparso sulla stampa cremonese, dopo poche centinaia di metri il corteo è rimasto bloccato per un affrontamento in testa tra una parte cospicua di partecipanti (da cinquecento a duemila, secondo le valutazioni più o meno interessate) e la polizia, che ha costruito una invalicabile barriera di transenne e di lacrimogeni in quantità mai vista, contro la quale, per ore e ore, si è infranto il tentativo dei manifestanti di raggiungere la sede di Casapound, comunque chiusa e con tanto di cartello "in vendita" - forse solo una manovra questa vendita, d'altronde.
Il resto del corteo, composto da altre migliaia di persone, è rimasto a lungo bloccato, senza indicazioni e senza saper che fare, per un tempo più  o meno lungo, in relazione ai tempi personali ed alla pazienza dei partecipanti. Che prima o poi hanno riposto bandiere, striscioni e megafoni e si sono avviati sulla via del ritorno a casa.
A partire dal giorno dopo, come dopo Genova 2001, dopo il 15 ottobre 2011 a Roma e dopo il 12 aprile 2014 sempre a Roma, all'interno della sinistra si sono scatenate le polemiche sulle modalità di condurre le manifestazioni, in questo caso avvelenate dalla giustificazione del motivo stesso della manifestazione, l'odiosità del crimine fascista che l'aveva provocata.
Nella polemica entrava una compagna che protestava contro la prevaricazione di chi con la sue azione aveva impedito alla maggioranza di fare una vera manifestazione rivolta anche alla città di Cremona, e concludeva mostrando la specularità che certi atteggiamenti di sopraffazione hanno tra le due parti in conflitto, in questo caso gli antifascisti ed i fascisti. Affermazione certo pesante per alcuni, ma che per un tratto, nel contrasto tra chi condivideva il suo intervento e chi lo contestava duramente, restava nell'ambito di una discussione tra compagni.
Improvvisamente però la questione prendeva una direzione completamente diversa. A questo punto si deve ricorrere ad una ricostruzione "a posteriori", nella quale si devono prendere per buone tutte le affermazioni di un personaggio completamente estraneo all'ambiente della sinistra bresciana, tale Ugo Maria Tassinari, che si presenta così: "Sono nato a Napoli nel 1956 e cresciuto a Posillipo. Sposato da 30 anni, ho una figlia ventiseienne. Militante dell’antagonismo sociale negli anni Settanta, ho proseguito il mio impegno sul fronte della solidarietà per i prigionieri degli anni di piombo, partecipando in prima persona alle campagne per la soluzione politica. Le mie posizioni da un marxismo critico di matrice operaista si sono evolute nella direzione di un radicale libertarismo. Giornalista professionista dal 1986, dalla seconda metà degli anni ‘90 mi sono specializzato come esperto di didattica delle nuove tecnologie digitali, organizzando i primi corsi di riqualificazione professionale per giornalisti disoccupati con finanziamenti del Fondo sociale europeo (giornalisti multimediali, editoria in tempo reale, videogiornalisti digitali). La mi forte vocazione didattica ha trovato modo di esprimersi in progetti di uso sociale delle nuove tecnologie, con corsi per i ragazzi a rischio delle scuole di Napoli, per i detenuti del carcere di Lauro (Av), per studenti e docenti della provincia di Potenza. Ho insegnato e fatto il tutor d’aula alla Scuola di Giornalismo di Potenza/ Master dell’Università di Basilicata. Dal 1988 sono impegnato in una accanita ricerca sul composito pluriverso della destra radicale che ha messo capo alla produzione di libri, dvd, saggi collaborazione a siti web." Sta di fatto che la sua "accanita ricerca" lo ha portato tra l'altro a produrre un blog dall'ambiguissimo titolo "FascinAzione", nel quale è difficile distinguere ciò che è pura "equidistanza" professionale nella descrizione del suo oggetto, la "fascisteria", come ha intitolato il suo libro più famoso, dal fascino, e in subordine il parteggiamento, per l'oggetto per il quale prova tanta "attrazione professionale"; per cui è comprensibile che per alcuni, o per tanti, non sappiamo, Tassinari è puramente e semplicemente un fascista e sodale di fascisti. E i primi a considerarlo un fascista a pieno titolo sembrano proprio i fascisti, a giudicare da certi interventi postati sul suo blog.
Ma che c'entra Tassinari? Qui dobbiamo seguire il suo racconto, tenendo presente che, comunque sia, ammesso che la racconti giusta, non la racconta tutta intera. Sembrerebbe dunque che qualcuno, che Tassinari dice di non saper individuare, ma che egli qualifica come un "infame che è iscritto alla sua lista" [alla lista della nostra compagna, senza che si possa capire bene a quale lista si riferisca] abbia cominciato la "lapidazione" della "compagna critica" PRIMA che lui pubblicasse sul suo blog lo scritto della "lapidata".
Dunque, andando con ordine, Tassinari avrebbe trovato, non si sa come, forse appunto su indicazione del suddetto "infame", l'intervento critico della compagna su una pagina Facebook (la pagina facebook dedicata al "Processo per la strage di Brescia", dice letteralmente Tassinari, pagina che comunque io, autore di questa nota, non ho trovato, pur avendola più volte cercata su Google). Tassinari riprende lo scritto e lo pubblica sul suo blog "FasinAzione" nel "primo pomeriggio/tarda mattinata" dice sempre Tassinari.
A questo punto comincia una sequenza impressionante:
- alle 14:51 un compagno posta sulla mailing list della "Rete antifascista bresciana" un commento pesantissimo allo scritto della "compagna critica", in termini che fuoriescono da una normale dialettica, anche accesa, e che chiede espressamente una reazione collettiva per arginare "questa ...[insulto pesantissimo]", ma nella quale non si fa cenno alla pubblicazione dello scritto su "FascinAzione".
- "subito dopo" la "compagna critica" viene a sapere di essere stata cancellata dalla mailing-list della "Rete antifascista bresciana", fatto che stride non poco con il rispetto della libertà di opinione e di discussione tra compagni, anche nel caso che questi opinioni siano in forte contrasto
- alle 15:02, quindi pochissimo tempo dopo la pubblicazione, qualcuno, che si qualifica come "Rete antifascista bresciana", posta su "FascinAzione" un commento, che Tassinari cancella.
- Del contatto tra "Rete" e Tassinari si trova conferma sul sito "http://fuochidiresistenza.noblogs.org/", il sito ufficiale della Rete antifascista bresciana, che in un post delle 15:04, due minuti dopo, da conto di aver richiesto a Tassinari la rettifica della affermazione che la "compagna critica" appartenesse alla "Rete antifascista bresciana", oltre alla precisazione che la "Rete" non condivide i giudizi espressi dalla "compagna critica". Sembrano normali rettifiche e precisazioni, se non fosse per quella pagina facebook che non si trova (forse per imperizia), e per lo straordinario tempismo con cui qualcuno "scopre" immediatamente lo scritto incriminato sulla pagina del "fascista" Tassinari.
- alle 15:16 la "compagna critica", come già anticipato sopra, manda in rete la notizia della sua cancellazione dalla mailing-list della "Rete", insieme alla propria autodifesa come attiva militante antifascista.
A questo punto avviene il fatto più grave del quale si abbia documentazione:
alle 15:54 qualcuno trasmette direttamente a Tassinari sulla sua mail il testo di denuncia e autodifesa che la "reproba" ha messo in rete trentotto minuti prima. Chi può essere? Forse qualcuno che sa dei traffici e dei carteggi appena intercorsi? La risposta sembra facile, ma la lasciamo al lettore. Oltre che per questo inquietante interrogativo, la e-mail di cui stiamo parlando si distingue per due altre singolarità.
La prima è questa: pur essendo una e-mail che in origine era stata mandata in chiaro a 6 - diconsi sei - mailingo list (per la precisione direttamente a 4 movimenti@gnumerica.org, bresciarossa@googlegroups.com ,
laltraeuropacontsiprasbrescia@gmail.com, donnenellacrisibrescia@gmail.com e in copia conforme (sempre in chiaro) a 2 gestione@liste.tracciabi.li, ucraina-antifascista-bs@googlegroups.com, chi inoltra la e-mail cancella sei indirizzi, come è ben possibile fare quando si inoltra, e lascia solo il gruppo di "Ucraina antifascista", un gruppo di pochi eletti in cui sarebbe trooooppo facile individuare il "colpevole".
La seconda, e qui siamo veramente all'infamia, chi invia la e-mail lo fa usando uno strumentino che un sito autonominato "anonymous mail" mette a disposizione di chi vuol inviare e-mail rimanendo sconosciuto. Si potrebbe anche immaginare che l'infame, diciamo pure, sia non del tutto esperto del mestiere, o che sia frettoloso, e che sappia solo fortuitamente che c'è questa facile possibilità di fare il male. E quindi che non sappia che "anonimous" ha fatto la pentola, ma non ha fatto il coperchio, e quindi non sappia che, proprio per evitare abusi fuori misura, le e-mail fatte in questo modo, partono incorporando il messo che si tratta di un falso. Oppure lo sa, ma non gli importa che il destinatario venga informato che la sua mail è un falso. Ma chi sarebbe così stupido, su una questione così delicata?

Con questo abbiamo esaurito il nocciolo della questione, anche se sono da segnalare due esiti: il primo è quello che i compagni della "Rete antifascista bresciana" ad un certo punto sopprimono la mailing list "ca@numerica. org" e la sostituiscono con qualcosa che è simile ad una newsletter, cioè con una direzione univoca, da loro ai destinatari; il secondo è quello che una serie di realtà decidono di sottoscrivere delle prese di posizione in parte comuni in parte autonome per stigmatizzare l'intollerabilità e la gravità di quanto accaduto.

Quella che segue è la presa di posizione del Partito della Rifondazione Comunista:

Brescia, 5 febbraio 2015
Care compagne e cari compagni,

a questo punto ci pare che non si possa più fare finta di niente e che nessuna persona che si definisce solidale e che sia conseguente con ciò che dice di essere (se il dire è realmente coerente con il pensare) si possa tirare indietro.
La situazione che si è venuta a creare colpendo Eugenia, una compagna del movimento, ha due possibili ragioni: una è quella di silenziare il dissenso creando un cordone sanitario intorno a chi si espone, inibendo per oggi e in futuro la discussione libera e costruttiva all'interno delle nostre mailing list, come era già avvenuto in forme meno eclatanti in altri casi; l’altra potrebbe essere quella di fare nascere difficoltà e incomprensioni all'interno del movimento bresciano.
La nostra posizione è netta, univoca e comune. Denunciamo con questo scritto la gravità di quanto è avvenuto e ci impegniamo collettivamente a smascherare e disarmare i provocatori di qualsiasi natura essi siano, che filtrano le nostre questioni ad ambienti di destra per poi scatenare al nostro interno una caccia alle streghe (in questo caso alla strega), per di più agendo in modo coperto.
La faccenda non riguarda solamente la compagna vilipesa e non si tratta solo di esercitare la dovuta solidarietà umana, tali fatti hanno, a nostro parere, una chiara implicazione politica e un significato altrettanto politico avrà il tipo di risposta che verrà data.
Partito della Rifondazione Comunista

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