Teseo uccide il minotauro, il mostro che si cibava di carne umana |
I muri
e l’ostruzione delle frontiere in Ungheria, Macedonia, Austria,
l’uscita della Gran Bretagna dalla UE e l’intento di edificare un
muro allo sbocco del tunnel sotto la Manica, sono il portato non solo
dell’incapacità dell’Europa di gestire in modo ordinato gli
arrivi dei migranti, ma anche del cedimento della globalizzazione
liberista e della sua ideologia, basata sulla libertà di movimento
dei capitali, delle merci e delle persone.
Nel
solo 2015, le richieste di asilo ricevute dai paesi aderenti all'OCSE
sono state 1,65 milioni, di cui 1,3 nei paesi europei. Purtroppo le
(peraltro incolpevoli) persone sono, rispetto ai capitali, l'elemento
più facilmente individuabile e più agevolmente additabile quale
cagione (in realtà capro espiatorio) dei problemi.
Il
fallimento della globalizzazione neoliberista sta creando mostri e
intolleranza.
Ovunque
avanzano le destre estremiste e xenofobe, ed è persino sorprendente
l’abilità di questi movimenti nel farsi portavoce e alfieri dei
ceti disagiati (le vittime del liberismo) presentandosi quali
protettori di identità nazionali e di posti di lavoro dinanzi alla
asserita minaccia di concorrenza portata dai nuovi arrivati o da
coloro che chiedono accoglienza, i quali vengono attaccati persino
nei loro usi e costumi.
Donald
Trump è candidato alla presidenza negli USA, Marine Le Pen e Norbert
Hofer sono in lizza per le elezioni presidenziali rispettivamente in
Francia e in Austria. In Germania l’estrema destra di Frauke Petry
è ormai insediata in dieci dei sedici parlamenti regionali. Dopo il
successo relativo in Meclemburgo Pomerania con il sorpasso dell’AFD
ai danni della CDU della stessa Merkel, il 18 settembre la stessa
formazione è entrata nel parlamento regionale di Berlino con un
consenso di oltre il 14%. La cancelliera tedesca si è precipitata
ai ripari. Ha già detto che l'afflusso di migranti in Germania non
sarà più di entità pari a quello avuto nel 2015.
Se la
crepa più evidente del neoliberismo occidentale è oramai
particolarmente palese nella reazione all'immigrazione, non meno
rilevante è il sintomo della sua decadenza rappresentato dal calo
del commercio internazionale, sul quale si va progressivamente
innestando una politica protezionistica.
I paesi
emergenti non sembrano più in condizione di compensare il deludente
tasso di crescita dei paesi di prima industrializzazione. Le misure
protezionistiche sono ormai la norma. E' la stessa WTO ad aver
rilevato nel primo quadrimestre di quest'anno 150 misure
protezionistiche, delle quali oltre l'80% varate da paesi facenti
parte del G20.
Il
fallimento del neoliberismo risulta particolarmente notevole alla
luce della linea politica che i leaders
politici di tutto il mondo hanno scelto (dimostrando una pervicace
ottusità ideologica oltre che cointeressenze più o meno esplicite
con i protagonisti della finanza globale) per affrontare la crisi
economica del 2008. Essi sono, in sintesi, rimasti abbarbicati agli
stessi strumenti e allo stesso armamentario ideologico che avevano
dominato la cultura politica nei decenni precedenti la crisi. Il
“business as usual”, ovvero continuare a lasciar fare al mercato,
non ha funzionato. Nulla è stato fatto per ridurre le scandalose
disuguaglianze ereditate dai decenni precedenti, le quali hanno
semmai mostrato ovunque un incremento. La politica monetaria
ultraespansiva adottata dalle banche centrali (una manna per le
borse) si è mostrata insufficiente ai fini del rilancio
dell'economia globale. Ha piuttosto innescato una guerra valutaria
nella quale ciascun protagonista nazionale, in abbinamento con le
sempre raccomandate riforme strutturali (ossia bassi salari), cerca
di sottrarre quote di mercato ai concorrenti, il che contribuisce a
deprimere la domanda mondiale e, daccapo, ad alimentare tentazioni
protezionistiche.
Il
“Washington consensus” sembra giunto al capolinea. Il mondo non è
più unipolare. Il doppio deficit (interno e estero) americano, che
poggiava sulla fiducia nel biglietto verde, ha a lungo consentito
agli USA l'assorbimento delle eccedenze commerciali estere, ma non
poteva espandersi indefinitamente. Lo scoppio della connessa bolla
finanziaria ha fatto il resto. Gli Stati Uniti non possono più
permettersi di svolgere il ruolo di “Minotauro globale”
(definizione di Yanis Varoufakis).
Anche
le guerre dichiaratamente finalizzate all'esportazione della
democrazia erano funzionali al mantenimento del “Washington
consensus”, ma hanno finito per risultare destabilizzanti e
ampliative del solco con parte del mondo arabo.
Intanto
i politici di casa nostra, con i loro intenti fuori tempo massimo,
pensano e agiscono come se il mondo fosse tuttora quello di dieci
anni fa, come se il “business as usual” avesse funzionato e si
potessero nutrire speranze, grazie alla libera movimentazione di
capitali e di flussi finanziari, di armonici effetti risultanti
dalle politiche neoliberiste. Solo così si spiega la miope visione
che determina l'atteggiamento del Ministro Calenda, favorevole al
TTIP, e l'atteggiamento del Presidente Renzi, promotore della riforma
costituzionale perché grazie a essa si attirerebbero investimenti.
Atteggiamenti anacronistici, ormai sorpassati dagli eventi.
L'ordine
mondiale che abbiamo conosciuto negli ultimi 25 anni è al tramonto.
Il caos e l'incertezza regnano sovrani. Quando un nuovo ordine
internazionale emetterà i primi vagiti non è dato sapere. La fine
della storia, declamata da Francis Fukuyama all’indomani della
caduta del muro di Berlino, è ancora molto al di là da venire.
Sergio
Farris
Con questo scritto del compagno Sergio Farris inauguriamo un nuovo spazio per la partecipazione politica dei compagni, come indicato nella manchette in testa al blog. Speriamo che i contributi giungano numerosi e interessanti come in questo caso. E ricordiamo che chiunque può commentare gli scritti che compaiono sul blog.
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